martedì 16 novembre 2010

Un elogio coraggioso dell'eco-pragmatismo


Da Ffwebmagazine del 16/11/10

Quando i ruoli cambiano, anche le ideologie devono cambiare». Se il mondo desse un po’ più spesso retta a scienziati e pensatori forse a quest’ora avrebbe meno criticità da dover risolvere. O quantomeno ne sarebbe sensibilmente agevolato. Significa che l’immobilismo mentale è destinato irrimediabilmente a uscire sconfitto, quando il terreno di scontro prende il nome di emergenze o mutazioni. E di mutazioni ambientali, recenti o meno, il pianeta è pieno. Come sostenuto dal biologo australiano Tim Flannery, «il metabolismo della nostra economia è in rotta di collisione con quello del pianeta». E per questo urgono risposte non solo efficaci ma soprattutto dinamiche e che si raccordino con la sopravvivenza degli individui.
L’evoluzione delle ideologie in proporzione al ruolo occupato, teorizzata da Stewart Brand nel manifesto Una cura per la terra, spiega che non serve solo concentrarsi sul passaggio da un’ideologia all’altra, ma si deve fare un passo in più, abbandonandole in toto. Il simpatico scienziato, celebre perché suggerì alla Nasa di rilasciare quelle famose foto della Terra scattate dallo spazio, convinto che sarebbero state di grande impatto mediatico, è lo stesso padre del movimento ecologista americano, e anima della storica rivista The whole earth catalog.
Che oggi rivisita il senso più intimo dei ragionamenti pro-ambiente, grazie alla tesi dell’ecopragmatismo. Iniziando dalla sua vita quotidiana: vive infatti a bordo di una chiatta, ovviamente energeticamente autonoma, e ovviamente con energia pulita, ormeggiata nella baia di San Francisco. Tre le direttrici sulle quali orientare quel futuro prossimo, che in realtà è già presente incombente: nucleare, ogm e metropoli densamente abitate.

Il forte e sempre impellente cambiamento climatico lo ha indotto a rivedere le sue posizioni in materia di nucleare. Sia perché, da un lato il carbone inquina e fa ammalare esponenzialmente di più, sia perché dall’altro il nucleare inquina meno offrendo energia pulita in quantità. La sola Francia ne ricava l’80% del suo fabbisogno. Innescando un meccanismo virtuoso a catena, con risparmi materiali accanto a vantaggi globali per la natura e anche per le economie del mondo. Ed in questo un ruolo decisivo lo gioca la pubblica opinione e quei governi che non contribuiscono ad approfondire cause ed effetti di decisioni ed eventi. Si apprende, ad esempio, che lo studio sull’area di Chernobyl curato dal Chernobyl Forum, in collaborazione con diverse agenzie dell’Onu, ha dimostrato che il numero dei cittadini effettivamente ammalatisi dopo l’incidente, è inferiore a quello realmente ritenuto.
E le scorie? Brand propone i depositi geologici, come progettato da altri Paesi (Francia, Svezia, Finlandia) mentre in New Mexico da più di un decennio è stato sperimentato un contenitore per lo stoccaggio del tutto naturale: una salina risalente a duecentocinquanta milioni di anni fa, perfettamente impermeabile, dove il rischio di infiltrazione è pari a zero.

Altro stadio dello sviluppo ecosostenibile sono le metropoli, che secondo Brand rappresentano una straordinaria occasione di risparmio energetico, dove il plus è rappresentato dall’aggregazione.
L’Intergovernment mental panel of climate change stima che fra quaran’anni Cina, America ed Europa potrebbero non essere più in grado di assicurare le colture, per via dell’aumento delle temperature. Ecco dove potrebbe inserirsi una seria politica che qualifichi e incentivi gli ogm. Che, grazie all’agricoltura transgenica ed alla geoingegneria, incarnano i nuovi strumenti moderni per mettere in sicurezza il mondo. La biotecnologia dovrebbe essere incoraggiata dai governi, sostiene Brand, perché in questi quattordici anni di ricerca si è visto che è meno rischiosa in quanto iper controllata, e perché causa un guadagno, economico e materiale.
Il vero jolly della sua proposta non sta solo nell’aver documentato la bontà delle sue tesi con dati e ragionamenti, (che in Italia poco spazio trovano in approfondimenti e tavole rotonde televisive), quanto nel metodo di lavoro, nel percorso compiuto verso quelle convinzioni. Con opinioni mutate, con miglioramenti a idee e iniziative dettate da maggiori consapevolezze. Come i riferimenti a un altro interessantissimo testo, Constant Battles, di Steven LeBlanc, archeologo di Harvard, secondo cui il cambiamento climatico impone a tutti una scelta: “se non agiamo o non facciamo abbastanza, rischiamo una crisi della capacità portante tale da scatenare una guerra di tutti contro tutto”. In alternativa, propone LeBlanc, vi è la possibilità di comprendere l’ecologia della Terra ed il relativo impatto umano grazie a scienza e tecnologia.

Per stanare lo status quo di un certo conservatorismo ambientale, dove il timore del nuovo e della tecnologia rappresenta un deterrente anche per lo sviluppo futuro e per il benessere, in prospettiva, della specie umana. Nel manifesto di Brand, dunque, si riscopre il gusto per l’analisi strutturale del moderno ecologismo, dove l’audacia di scelte e sperimentazioni potrebbe premiare senza dubbio di più del ridicolo e pachidermico passo di gambero di alcuni governanti. Ristabilendo «la salute di Gaia a tutti i livelli, dal suolo all’atmosfera», perché gli uomini sono come dèi, recita il suo motto, e devono imparare a usare bene il loro potere.

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