domenica 28 novembre 2010

Ma quali traditori, qui sta tornando il fanatismo


Da Ffwebmagazine del 28/11/10

Altro che traditori marchiati a vita. Per ora l’unico marchio è quello che alcuni scalmanati avrebbero voluto timbrare, con calci e pugni, sul viso di una giovane attivista di Futuro e Libertà, impegnata ieri nel gazebo romano di Piazzale Flaminio. E che solo grazie all’intervento di alcuni manifestanti della Cgil (quindi pericolosi comunisti) è riuscita ad evitare il peggio.
I fatti: nella metropolitana di Roma tre ragazzi notano sul bavero del cappotto della giovane, la spilletta di Fli e iniziano ad insultarla e a spintonarla. Lei cerca di ignorarli, ma dopo un paio di provocazioni anche fisiche risponde: «l’aggressività è l’unica forma di ignoranza contro la quale la parola non può nulla». Al che uno dei tre le si fa incontro minacciosamente con intenti niente affatto pacifici, ma fortunatamente alcune persone provenienti dalla manifestazione della Cgil, si frappongono tra gli aggressori e la ragazza, consentendole di scendere alla fermata successiva e di fuggire indenne.

Ecco dove porta la propaganda, l’esasperazione dei toni e delle frasi sbraitate in linguaggio cagnesco. Ecco il partito dell’amore, della solidarietà, dell’accoglienza. Ecco cosa accade se anziché ponti si costruiscono muri. Senza voler scivolare in facile retorica o in plastiche ricostruzioni di ciò che è accaduto e che sarebbe potuto accadere, viene da pensare che fine abbiano fatto i traguardi sociali e culturali raggiunti sino ad ora; o gli insegnamenti di rispetto e condivisione tra diversi, tra opposti. Ma davvero questa gente non ha capito nulla? Davvero stiamo tornando al medioevo della politica, agli anni del tutti contro tutto? E con quale obiettivo, per quale ragione, con quali finalità, con quanti e quali guadagni?

Qui si sta riproponendo un problema vero e tangibile di fanatizzazione degli animi, e la politica, quella con la P maiuscola, quella che ragiona e che non pensa solo alle prossime urne o alla demonizzazione dell’avversario, ha l’obbligo morale di alzare un dito e dire a gran voce: “no, noi non ci stiamo”. Deve distinguersi, perché ha un ruolo educativo, pedagogico, sociale. Non è solo un affare di voti, di promesse e di nomine, anche se negli ultimi quattro lustri non sono mancate criticità e momenti di cui non andare granchè fieri. Certo, è più semplice prendersela col più debole, con una giovane indifesa. O scagliarsi contro qualcun’altro che non siano i propri compagni di squadra, quando le cose non girano per il verso giusto. O scaricare responsabilità a chi sta dall’altro versante della barricata, magari accusandolo di tramare, di tradire, di complottare. In quella logica perversa e sterile che alla fine annebbia le menti e non consente di guardare in faccia alla realtà. Perché distratti da mille ombre che si allungano (o che qualcuno pensa che si allunghino) sul Paese, da infinite ipotesi, da ridicole contro tesi, da tediosi ragionamenti spaccando in quattro un battito di ciglia.

No, non vale proprio la pena tornare indietro nel tempo, ad un tempo di lotta e di visi contro, di agguati e di minacce. Perché le cose sono cambiate, gli steccati non sono più così alti, gli individui (quasi tutti) si parlano, si confrontano, ragionano.Verrebbe proprio da chiedersi, se non fosse il caso che le categorie di traditori prevedessero al loro interno almeno i fondamenti della democrazia. E non sarebbe chiedere troppo.

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