Da Ffwebmagazine del 15/02/11
Nella giornata in cui, a confortare un quadro politico confuso e a un passo dall’isterismo, ci pensa ancora una volta il Capo dello Stato (che consegnando al Quirinale i Premi dell'Accademia nazionale dei Lincei, di Santa Cecilia e di San Luca, ricorda che «nel tanto frastuono e motivi di ansietà che viviamo non dobbiamo perdere di vista l’importanza che ha la cultura»), spicca la prima pagina della Padania. “Questa è la settimana decisiva” è il virgolettato che appare sotto la foto di Umberto Bossi. E accanto, c’è un’intervista a Pierluigi Bersani che - insolitamente sul giornale della Lega, quindi del Governo - offre un ragionamento-proposta agli avversari. Patto a due sul federalismo e nuova fase per uscire dallo stallo in cui si è infilato il Premier.
«Propongo un patto tra forze popolari - dice il leader del Pd - impegno me e il mio partito a portare avanti il processo federalista dialogando con la Lega». Nella settimana in cui tra gli onorevoli-soldatini pronti a difendere sempre e comunque il capo non si sono iscritti né Giulio Tremonti né la pattuglia leghista, l’approccio di Bersani nei confronti del Carroccio più che un’uscita per scompaginare, appare come un assist per accompagnare un atteggiamento che, da giorni, o da mesi, pare effettivamente caratterizzare i vertici di via Bellerio.
Quelli che possono decidere di interrompere questo “accanimento terapeutico” sull’esecutivo. Se Bossi decide di staccare la spina a Berlusconi, non ci sono “responsabili” che tengano: un dato che è ampiamente alla portata di tutti gli attori in campo, e che a Palazzo Grazioli temono particolarmente, come dimostrano le frizioni, mascherate da spunti dialettici, tra lo stesso ministro dell’Economia e il nuovo ma vecchio speaker berlusconiano Giuliano Ferrara. E come rivelano i dati sondaggistici di Atlante diffusi ieri, che segnano un crollo di gradimento per Berlusconi.
Dunque Bersani appura che l’obiettivo della Lega è unicamente quello di vedere approvato il federalismo. È altresì vero, continua l’ex ministro delle Attività produttive, che «in queste condizioni rischieremmo di fare una cattiva riforma». Per questo risulta imprescindibile «guardare oltre Berlusconi e allo stesso tempo preservare la prospettiva autonomista». E in virtù di un assioma che lo stesso Bersani esplica sulle pagine della Padania, quando rileva che «non si può sacrificare tutto, ossia la riforma chiave, in nome di Ruby”. Ma il tutto, però, potrebbe anche condurre a un Governo che resti nell’area del centrodestra, prosegue Bersani nella sua offerta, a cui «noi assicureremmo in quella circostanza un’opposizione propositiva”. E garantisce che il processo federalista andrà avanti sino al suo naturale compimento.
«Noi siamo per un federalismo che unisce – spiega - e abbiamo un nostro progetto. Però la Lega si accontenta della bandierina facendo approvare norme che con il federalismo non hanno niente a che fare». Mentre a Berlusconi interessa solo «tener agganciata la propria maggioranza e il processo breve». E minaccia: «Il federalismo così va a carte quarantotto». E circa l’interpretazione della Costituzione da parte del Premier, secondo cui per sciogliere le Camere il presidente della Repubblica avrebbe bisogno anche della controfirma aggiunge ironicamente: il Premier, «si sa è un fine costituzionalista. Penso che un po’ di studio in più non gli guasterebbe».
Ma il segretario del Pd non si limita ad annusare possibili scenari futuri, e fa un passo in più, rispetto ad un gioco delle parti che sulla carta sarebbe scontato, perché rispolvera un filo intrecciato inizialmente da Massimo D’Alema, che definì la Lega una “costola della sinistra”. Infatti offre una sponda proprio sui fatti di cronaca degli sbarchi degli ultimi giorni, e dice rivolto al ministro Maroni di condividere la sua richiesta di un maggiore raccordo con le altre cancellerie europee, per un problema che non è solo di pertinenza italiana. Una doppia carezza che, indipendentemente dalla valenza del suo merito, si incunea in un pertugio di disagio certificato, dove la Lega soffre la condotta di Berlusconi. È utile ricordare che fu Umberto Bossi, all’indomani dei primi scampoli di notizie del Ruby-gate a prescrivere a Berlusconi un periodo di riposo, facendo intendere di non gradire comunque l’immobilismo dell’esecutivo, reato o non reato poco conta.
Fu sempre Bossi il primo a vedere in pericolo la sopravvivenza dell’esecutivo in assenza dell’obiettivo (per la Lega) principe, ovvero il federalismo.
Per cui, le parole di Bersani più che un invito o una proposta appaiono come la naturale continuazione di una linea, ferma e decisa, che il Carroccio mantiene da tempo. E che si esplica, in altre ramificazioni, magari lungo la contrapposizione Tremonti-Ferrara. Tanto per dirne una.
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