mercoledì 2 febbraio 2011

Le banche dell’innovazione per lasciarsi la crisi alle spalle

Da Ffwebmagazine del 02/02/11

Invitare ogni governo del pianeta a costruire un nucleo di nuove banche che investano nell’innovazione: e non solo per la bontà della singola idea, ma come occasione più ariosa di sviluppo globale. È la proposta lanciata a Roma dal Premio Nobel per l’economia Edmund Phelps, che nella lectio magistralis alla Camera dei deputati, ha indicato i principi fondativi per accostarsi all’economia del domani. Dove non conterà solo il profitto in sé, la realizzazione in tempi rapidi di un progetto innovativo e rivoluzionario. Ma giocherà un ruolo fondamentale la relativa applicazione nel quotidiano, con un bacino di utenza e di idee che rappresenteranno sì lo sviluppo in chiave futura di quell’intuizione.

Non è sufficiente quindi che si investa pur giustamente su un progetto governativo, ma il modello da seguire, ha ricordato il presidente della Camera Gianfranco Fini, è quello che ha portato alla scoperta di Google da parte di giovanissime menti, che all’interno di un progetto universitario, hanno colto l’occasione del secolo. Ecco la sottile linea di neuroni che collega la validità di un atto alla sua applicazione scientifica (ma a questo punto anche antropologica), alla società post crisi del 2009, dove l’equilibrio finanziario semplicemente non c’è più. E la comunità mondiale, nuova entità all’interno della quale ragionare con un’ottica sociale, deve incamminarsi verso un territorio nuovo. Verso un futuro tutto da “covare”, come osservava il poeta francese Paul Eluard, perché invece il passato altro non è che “un uovo rotto”.

Ecco la nicchia dove far germogliare l’innovazione, che secondo la terza carica dello Stato deve ispirare “più compiutamente le grandi mete comuni della nostra societa”. Ma la grande sfida dell’innovazione può essere quindi ripresa per affrontare con buona lena la ricostruzione italiana, soprattutto nel centrocinquantesimo anniversario dell’Unità? Fini indica tre macro obiettivi: dinamismo, sviluppo, energia creativa. Ovvero tre scenari, che sono anche strumenti e quindi spunti, per sostenere quella ripresa, senza dubbio finanziaria, ma che per essere convintamente tale non può che essere anche di caratura politica e sociale. Dove la forza centrifuga delle idee, delle grandi intuizioni, che l’Italia in passato ha orgogliosamente avuto, non devono essere mortificate sull’altare dei tagli. Con ricercatori costretti alla fuga, con infrastrutture deficitarie, con metodi discutibili di selezione delle classi dirigenti. Tre conseguenze di scelte poco lungimiranti, controproducenti che semplicemente oggi nessun Paese può permettersi.

Ma occorre, in un ragionamento dove Fini intreccia fattore umano e dati congiunturali, cassare quella zavorra che prende il nome di paura. Per dare vita a una «nazione vitale e moderna, una nazione non rinchiusa nella nostalgia e nel minimalismo, bensì una nazione aperta, intraprendente, fiduciosa. Una comunità che sia in cammino e animata dalla voglia di costruire e innovare. Una comunità - prosegue - che non indica le scorciatoie della furbizia e che non vive alla giornata, ma che sa preparare il futuro premiando il merito e l'intraprendenza». Ponendo l’accento su due snodi determinanti: il merito, specchio reale della bontà di una scelta, dell’oggettiva rispondenza di un’indicazione. In assenza della quale si scoprono gli obbrobri che spesso affiorano nelle contingenze, le sensibilità pari a zero, le deficienze nei vari settori. E poi l’intraprendenza tutta italiana, quella voglia di innovare, di pensare, di strabiliare che ha consentito al belpaese di primeggiare in tecnica, nelle arti, nelle scienze.

Uno scenario che in verità già si registra in Italia, anche se a tratti, come dimostrato dai centri di eccellenza, dal coraggio imprenditoriale di chi continua ad investire in questo territorio nonostante la concorrenza del mercato cinese o la diminuzione delle commesse. A cui però, manca il passo successivo, quel sostegno mirato che il professor Phelps ha decantato con passione, citando l’esempio tedesco della Deutsche Bank, che a inizio secolo sostenne a lungo lo sviluppo delle aziende elettriche in loco.

Un nuovo strumento di innovazione tecnologica e di idee su scala mondiale, quindi, attuato dai singoli governi, che registri le eccellenze e le accompagni con fermezza e convinzione. Non è retorica, ma buon senso, stimolare la politica a non considerare i giovani come un fardello da sopportare, ma come una mandria di neuroni attivi da incanalare nella direzione più congeniale.

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