giovedì 3 febbraio 2011

Camilleri: «Vogliono tenere basso il livello culturale degli italiani»


Da Ffwebmagazine del 03/02/11

«La verità è che c’è la volontà di tenere basso il livello della cultura degli italiani, perché la cultura è pericolosa». No, non chiamatelo solo il papà del commissario Montalbano, né tantomeno il grillo parlante che si rivolge a tutti, anche a chi forse proprio non se lo meriterebbe. Il saggio Andrea Camilleri, il conversatore siciliano che stimola alla diuresi della mente, quel suono gutturale così pregnante, ebbene quello scrittore e uomo dall’immenso bagaglio culturale che si è onorato dell’amicizia sincera e intellettualmente onesta con Giano Accame, ha dovuto attendere più di diciassette lustri per un libro-intervista. Per essere invitato a esprimere pareri, sensazioni, analisi, valutazioni sul mondo globalizzato e globalizzante che ci circonda, e che ci ha circondati. Al di là delle belle pagine che ne sono seguite, è forse questa la critica da fare: si poteva editarlo prima Questo mondo un po’ sgualcito?

E non per il vezzo di pensatori e affini di smontare, dall’interno, idee e fatti per il solo gusto del farlo, ma perché Camilleri abbraccia idealmente un secolo, d’Italia, d’Europa e del mondo, e in poco meno di centocinquanta pagine offre una panoramica secca ed efficace. Di ciò che si è fatto, del come, del quando, del perché. Ma soprattutto invita i neuroni ad un metodo di analisi, ad un vero e proprio allenamento al ragionare, prassi troppo spesso svilita da altri volumetti e pagine di giornali mai troppo redarguite. Il libro intervista di Francesco De Filippo è leggero ma ficcante. Perché dà voce ad uno spirito libero mai barricadiero, sempre cordiale e rispettoso dei punti di vista, che scava in quella giostra che anima il dibattito culturale o sottoculturale italiano degli ultimi anni. E lo fa partendo da lontano, intrecciando il terzo mondo al ruolo debole che ha l’Europa, le politiche americane ai riflessi italiani, la scomparsa della maturazione e della gavetta nelle carriere, a certe chiusure mentali che danneggiano i cittadini e il Paese.
Stupisce, in positivo, la freschezza di Camilleri, ben presente in tutte le pagine. Sia che si discuta di politica che di letteratura, a dimostrare una vivacità curiosa e disponibile, che rafforza se possibile quell’urgenza di saggezza e di conoscenza che la società italiana accusa.

“Il pensiero come frutto della riflessione- dice- dunque del tempo, la grande risorsa mancante”. La fretta, i ritmi, la pigrizia di porsi domande, di interpretare in chiave analitica le risposte. Di dubitarne, di alzare un dito, di chiedere, di controdedurre, di proporre. Ecco il senso del libro, approfittare egoisticamente di un imponente bagaglio culturale e di idee per stimolare i giovani alla formazione, e gli adulti (magari amministratori e politici) a compiere un’inversione di tendenza, perché no,una rivoluzione politico-culturale. Stroncando sul nascere le storture strumentali, approfondendo temi e dati prima di pontificare sui media, ragionando con logica e senza pregiudizi sui problemi e al fine di individuare soluzioni valide, non placebo della durata di un attimo.
Camilleri passa dalle criticità del capitalismo corsaro (dove non c’è solo “il pesce grande che mangia il piccolo, ma potrebbe mancare addirittura l’acqua nella quale entrambi nuotano”) alla devastazione delle risorse umane della terra, con un’abitudine spocchiosa allo spreco, in tutte le direzioni. Sul welfare state evidenzia che “quando c’era il cosiddetto capitalismo illuminato, i grandi magnati si rendevano conto che tale situazione poteva rivolgersi contro di loro. Oggi invece il capitalismo è spietato, arriva sfruttare persino la morte”. Un vademecum di coordinate storico-culturali, un paio di occhiali che Camilleri offre ai lettori per osservare fatti e vicende.

Come quando della politica sottolinea che se “non è più sorretta da un’idea si riduce semplicemente al modo di gestire la cosa pubblica: non un gran danno, ma neanche un gran bene”. Essa all’indomani del crollo delle ideologie tende a ridursi sempre più a “consiglio di amministrazione: il contatto che i politici hanno con la gente è rappresentato dal mezzo e non più dall’idea”. Giungendo all’assioma che la politica non è svilita solo perché diventata “politica spettacolo, è che la politica che è svilita in sé”. Molto stimolante il capitolo “Fratelli d’Italia” con un’intera generazione passata dalle macerie socio-economiche della guerra, allo stordimento del benessere, come quei “matrimoni che non reggono di fronte all’improvvisa ricchezza della coppia, e scoppiano”. E cita Il Sorpasso di Dino Risi che sembra un storia di automobili, e che invece “è la storia dell’Italia, la storia di una mentalità italiana che si genera in quegli anni, e che oggi è rappresentata dai motorini”.

E arrivando infine all’invito rivolto da Camilleri a tutti, cittadini, amministratori, osservatori: “Ritengo che l’Italia sia un Paese che va ricivilizzato a partire dalle asticelle a scuola. Sono venute a mancare le regole elementari. C’è l’analfabetismo dell’apprendere e l’analfabetismo della democrazia che aumenta. È sempre così: il danno prodotto da governi corrotti prosegue oltre la durata del governo stesso; occorrono anni per riprendersi”. Come dire, datevi da fare. E in fretta.


Andrea Camilleri e Francesco De Filippo
Questo mondo un po' sgualcito
Infinito edizioni
pp.128, euro 12,00.

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