martedì 16 ottobre 2012

«Bene il Nobel, ma ora l’Europa federale. E lo spread si combatte con l’homo faber»

«Nessuno è al timone, ha detto  di recente uno studioso americano, ed è purtroppo vero  -  ragiona  con  Italiani  Quotidiano Valerio  Massimo  Manfredi,  storico, scrittore  e  autore  della  fortunata  serie di reportage su La7 Stargate linea di confine - ma ci sono principi elementari che ci possono permettere non solo di  sopravvivere  ma  di  recuperare  la sovranità», con l’obiettivo alla nostra portata di un continente federale.
Il nobel per la pace all'Europa può essere simbolicamente un invito alla ricostruzione?
 Penso che sia un riconoscimento giusto: l'Ue è l'esperimento politico più importante e rivoluzionario nella storia europea degli ultimi secoli. Non credo che i Norvegesi siano molto interessati ai progressi dell'Unione. Sono un piccolo popolo ricchissimo che non ha nessuna voglia di entrare nei problemi dell’Ue. D'altra parte anche loro furono coinvolti nella seconda guerra mondiale e occupati dai nazisti e il consolidamento di un'Europa democratica, solida economicamente e socialmente può essere per loro abbastanza interessante. Sanno benissimo che un collasso dell’eurozona investirebbe anche loro. In questa epoca nessuno è al riparo dai pericoli. L'attribuzione del Nobel, comunque,  non può che fare piacere a qualunque cittadino europeo dotato di buon senso e intelligenza anche se, come si è fatto notare, in questo momento sarebbe stato forse più opportuno dare il premio alla bambina pakistana che giace in un letto fra la vita e la morte per aver voluto difendere il diritto  suo e delle sue compagne nel suo paese ad avere lo stesso trattamento e istruzione dei loro coetanei maschi.
 Gli spunti dei padri fondatori, Spinelli, Adenauer, De Gasperi, sono stati disattesi: come riparare?
  L'esperimento europeo è di straordinario interesse ma estremamente difficile da realizzare. È dalla caduta dell'Impero Romano che i popoli europei si sono combattuti incessantemente per i più svariati motivi e pretesti. Dal secondo dopoguerra però l'Europa è diventata una delle aree più prospere e più stabili del pianeta, ma ancora sono vivi pregiudizi razziali e culturali  fra i vari popoli, specie da parte di quelli del nord verso quelli del sud, gli egoismi nazionali, le ripicche. Il nazionalismo. Occorre far capire ai popoli d'Europa che nessuno  dei suoi stati nemmeno i più forti sopravvivrebbero da soli competendo contro giganti come  Cina, Usa, Russia, India, o Brasile. Ci vuole più comunicazione e anche recuperare gli ideali dei padri fondatori che hanno perso smalto a causa della globalizzazione e della crisi che ha esasperato gli egoismi e la logica del "si salvi chi può". L'Europa deve prendere lo spunto da questo periodo di grandi sacrifici per il risanamento dei bilanci per poi riprendere il progetto federale con ordinamenti giusti ed equilibrati, unificare le strutture di difesa comune, il sistema fiscale, i mezzi della lotta alla criminalità e rendere più efficienti le politiche di sostegno alel aree più deboli, non con interventi a pioggia ma seguendo con commissioni ad hoc il percorso degli aiuti fino alla loro messa in opera. 
Nella culla della democrazia, la democrazia agonizza: Grecia cavia o corto circuito sistemico?
In parte paga gravi errori e difetti strutturali come la diffusa economia in nero e la massiccia evasione fiscale che hanno gonfiato il debito a livelli insostenibili. In più il suo tessuto economico piuttosto gracile non consente recuperi di produttività in tempi ragionevoli. L'impoverimento di interi ceti sociali certamente spinge molti a perdere la fiducia nelle istituzioni ma  non credo che per questo verrà a mancare la democrazia. La classe politica, in ogni caso, deve diventare più responsabile.
 La macelleria sociale ellenica è ormai avviata:  è possibile essere solidali senza svilire il rigore?
 Penso che l'Europa, dove certi paesi hanno tassi d'interessi bassissimi o addirittura negativi (come la Germania) potrebbero, senza troppi problemi, concedere i prestiti alla Grecia con interessi più "umani" consentendo così al Paese di onorare i suoi impegni senza essere massacrato nei bisogni più elementari. Le banche di certi paesi europei anno lucrato moltissimo prestando soldi ad Atene e poi ne hanno ottenuto altri per ripianare le speculazione sbagliate sugli asset tossici. La solidarietà in ogni caso ha dei costi che in parte si potrebbero finanziare riducendo l'evasione fiscale, razionalizzando le strutture, azzerando gli sprechi, eliminando la corruzione e incoraggiando i risparmi. Ma i costi non verrebbero certo eliminati del tutto. Formule magiche non ne esistono io credo.
Spread e mercati hanno sostituito il fattore umano: come riprendere quel fil rouge?
Quando ero un ragazzo mio padre, un agricoltore con due ettari di terra e quattro figli che volevano studiare, mi diceva sempre «non fate debiti, piuttosto mangiate pane e cipolla». Chi si indebita è alla mercé dei creditori e perde la libertà che è il bene più prezioso. L'andamento dell'economia mondiale e le sue logiche sono  sotto l'effetto di forze in buona parte cieche e caotiche. Inutile aspettarsi da loro alcuna comprensione. «Nessuno è al timone» ha detto  di recente uno studioso americano. Ed è purtroppo vero. ma ci sono principi elementari che ci possono permettere non solo di sopravvivere ma di recuperare la sovranità. Se nessuno, per ipotesi, si presentasse a contrarre nuovi debiti che potere avrebbero i mercati e lo spread?  Le grandi concentrazioni di capitale, invece di speculare con operazioni finanziarie, sarebbero costrette a investire nell'economia vera: nelle aziende manifatturiere, nelle imprese capaci di produrre e creare ricchezza, nelle ricerche avanzate. In altri termini verrebbe premiato chi lavora, cioè il fattore umano, l'homo faber che è quello che ha creato il progresso. Certo non è per domani né per dopodomani ma chi è disposto a fare sacrifici, anche duri, ne riscuoterà prima o poi la ricompensa. Mio padre diceva ancora: «non esistono pasti gratis». Anche per fare l'elemosina a un mendicante ci vuole qualcun altro che quei soldi, siano pure pochissimi, li abbia guadagnati.
 Cosa accade quando i figli sono più poveri dei genitori?
La decadenza, l'arretramento, e poi la riduzione in miseria. Ma come è stato possibile? Quando ero un ragazzo al mio paese (4000 abitanti) c'erano cinque falegnami, quattro sarti, quattro calzolai, tre meccanici. Oggi c'è solo un falegname in tutto, prossimo alla pensione. A Modena la scuola edile  che forma i muratori, su una classe di venti allievi conta un solo italiano. In Sicilia c'è molta disoccupazione ma i camerieri degli alberghi sono tutti immigrati, così gli operai agricoli. Nelle nostre università ci sono un numero di iscritti a Lettere, archeologia, storia sei volte più numerosi dei posti disponibili. Bisogna recuperare il concetto che, qualsiasi lavoro che ci consenta di vivere onestamente, è altrettanto dignitoso come le professioni ritenute prestigiose.

Fonte: Italiani quotidiano del 16/10/12
Twitter@FDepalo

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