martedì 2 ottobre 2012

«Siamo immobili tra fango e marciume. Per non scomparire, diventiamo europei»

«Non si tratta di riannodare legami matrimoniali – ammette amaro Giuseppe Conte, scrittore, poeta e tra i padri del movimento del Mitomodernismo -  ma di riaccendere nuovi connubi di passione extraconiugale. Soltanto nuove passioni e nuovi sogni hanno l’ energia per creare futuro».
Crisi vuol dire difficoltà e ricerca di nuovi paradigmi. Quindi anche occasione di rinnovamento, non trova?
Ogni crisi (come, a livello individuale, ogni angoscia, ogni disperazione) ha in sé i germi  di una trasformazione e di un rinnovamento. Ma la crisi politica, sociale, economica di oggi è così incancrenita, che vedere spiragli di luce e di guarigione è difficile, si sta immobili tra fango e marciume. Se esiste una volontà di superamento, e io credo che esista, dovrà manifestarsi con proposte e azioni veramente radicali e  diverse, tali da smuovere energie ed entusiasmi disinteressati, ideali,  e da capovolgere il presente e portarci verso un futuro oggi ancora inimmaginabile.
Abbiamo messo da parte uomo e cultura sostituendoli con mercati e bilanci: lì è iniziata la fine dell’Europa?
Non era mai esistita nella lunga storia dell’uomo sul pianeta Terra un’epoca in cui l’umano contasse così poco e fosse subordinato al materialismo economicista, che è più totalitario persino della teocrazia. Oggi soltanto l’economia decide e impera. Vengono declassati lavoro, cultura, sensibilità, generosità, pietà, impegno, qualità etiche. Tutto ciò che per secoli ha qualificato l’uomo e ne ha resa degna di essere vissuta l’avventura sulla Terra. Non frega più niente a nessuno di nessuna ideologia ma neppure di nessuna idea e di nessun ideale. I risultati si vedono.
Non è un caso che a fare crack siano state in primis le infrastrutture del continente: come rafforzare quegli argini per aspirare all’obiettivo Stati Uniti d’Europa?
Gli Stati Uniti d’Europa, ad esempio, sono un ideale concreto per cui battersi. Sembra che non interessino a nessuno, ma basterebbe una scintilla di entusiasmo e di ragione: oggi o siamo europei o scompariamo dalla scena del mondo. L’Europa è innanzi tutto uno spazio di conquiste del pensiero e della bellezza, della ragione , della passione, della libertà . Se finisse l’euro, non so cosa accadrebbe. Ma se finisse l’Europa, lo so:  finirebbe la civiltà come la conosciamo e come alcuni di noi la vogliono ancora. La civiltà dei valori irrinunciabili, non negoziabili, dei diritti umani e dei diritti dell’anima, della centralità della persona umana, della energia dello spirito.
Cosa accade quando i figli sono più poveri dei genitori?
Sino alla mia generazione, il progresso materiale è stato costante, abbiamo vissuto con più agi e più libertà  dei nostri padri. Oggi i figli in moltissimi casi non hanno i mezzi per realizzarsi e diventare uomini, non hanno un lavoro sicuro e non hanno prospettive sicure. É  una tragedia sociale. Rubare il futuro ai giovani è mostruoso. Tutto regredisce e si imbarbarisce.  Tornano nel vuoto di ideali mentalità sopraffattorie e  violente. Creda, io mi sono sentito a lungo l’uomo più libero del mondo. Oggi darei un po’ della mia libertà ai ragazzi che me ne sembrano privi, che non conoscono l’entusiasmo vitale, che scelgono come simbolo dell’amore un lucchetto, uno stupido marchingegno che blocca e chiude.
L’Italia e i freni al ricambio: l’unica speranza risiede in questa crisi sistemica o saremo condannati ad altra immobilità camuffata da finto rinnovamento?
Una immobilità camuffata da finto rinnovamento è in agguato: l’altro giorno su una spiaggia elegante una signora diceva che voterebbe Matteo Renzi perché è giovane, anche quell’ineffabile bellezza anglo-romagnola di nome Minetti sembra abbia detto così. É che non si vedono idee davvero rinnovatrici all’orizzonte. Il governo attuale è un supplente, anche se  più preparato e dignitoso di chi supplisce. Ma la cultura? La politica? Non è che possiamo delegare tutto ai tecnici. Appartengo a una civiltà che mette in primo piano lo spirito, la cultura e la politica. I tecnici svolgono lavori subordinati, in una civiltà che funzioni. Ma qui siamo malati.  La politica classe politico-amministrativa sta offrendo uno spettacolo vergognoso, da far vomitare. Quando si è affacciata qualche speranza di novità (penso a Fli)  si è purtroppo  un po’ sfilacciata. É ora di prendere la rincorsa verso un cambiamento non di facciata, ma di sostanza. Un repulisti spaventoso.
I politici francesi, scrive sul suo blog, fanno a gara nel citare Victor Hugo, mentre i nostri sono “bestie di inciviltà e incultura”. Crede che politica e cultura abbiano ufficialmente divorziato?
Ho esperienze in Francia, di politici e amministratori con cui ho passato serate a parlare di Voltaire, di Sartre, ma anche di Gadda e di Ungaretti. Tra di essi qualcuno era anche un mio lettore. In Italia c’è una sottovalutazione sistematica della cultura, un fastidio, una insofferenza verso tutto quello che non è prassi da faccendiere. O ci sono conventicole che fanno una cultura domestica, minimalista, cazzate (libri, film, trasmissioni) per gli amici degli amici. Il divorzio tra politica  e cultura è già avvenuto. Ora non si tratta di riannodare  legami matrimoniali, ma di riaccendere nuovi connubi di passione extraconiugale. Soltanto nuove passioni e nuovi sogni hanno l’ energia per creare futuro.
 
Fonte: Italiani quotidiano del 2/10/12
Twitter@FDepalo

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