giovedì 25 ottobre 2012

«Infibulazione, reato contro l’umanità. E adesso attenti all’alibi religioso»

Infibulazione reato contro l'umanità: proposta una risoluzione per bandire nel mondo le mutilazioni genitali femminili dal Gruppo dei Paesi Africani all'Onu. Una conquista di civiltà, scandisce Emma Bonino, vicepresidente del Senato e da anni in prima fila per combattere le mutilazioni genitali femminili.
Un successo anche per chi, come la sua Non c'è Pace senza Giustizia, da anni combatte questa battaglia?
Per chiarezza va detto che la bozza di risoluzione non parla di crimini contro l'umanità bensì di violazione dei diritti umani, che in diritto internazionale sono due cose diverse. Si tratta di un risultato senza precedenti, da riconoscere anzitutto alle centinaia di attiviste arabe e africane che negli ultimi dieci anni hanno dedicato anima e corpo a questa campagna, ma anche ai governi, quello italiano in primis, e alle organizzazioni non-governative che le hanno sostenute e aiutate perché si arrivasse a questa risoluzione. Insomma, è una conquista di civiltà di cui dobbiamo essere tutti orgogliosi.
Nel nostro paese 40mila sono le bambine vittime di infibulazione: da dove iniziare un'operazione, a questo punto anche culturale, prima che civile e politica, per stanare questo male?
Questi numeri sono stati resi noti da un rapporto del 2009 commissionato all'istituto Piepoli dal Dipartimento Pari Opportunità, e si tratta di una stima molto approssimativa perché le mutilazioni genitali sono spesso praticate in clandestinità. Una delle proposte che avevo avanzato nel 2006, in occasione dell'adozione della legge ad hoc che ha introdotto nel nostro codice penale il reato di mutilazione genitale femminile, era la creazione di un osservatorio in grado di fornire una stima accurata sull'estensione della pratica nel nostro Paese. Per concepire politiche adeguate è infatti indispensabile conoscere l'entità del fenomeno. Non c'è dubbio che anche i programmi di informazione e sensibilizzazione presso le comunità immigrate, hanno la loro importanza ed efficacia per chiarire quelli che sono gli effetti, sul corpo e sulla mente, nel breve e lungo periodo, della mutilazione genitale.
Come la comunità internazionale dovrà dare seguito a questo primo e storico inizio?
Continuando ad assistere, anche finanziariamente, e a sostenere politicamente le militanti anti-mutilazione di quei sette paesi che ancora non si sono dotati di una legge nazionale che punisca le mutilazioni genitali come reato contro la persona. Allo stesso modo, ritengo fondamentale non abbandonare le attiviste di quei paesi in cui le mutilazioni sono vietate per legge e che nei prossimi anni si impegneranno per fare in modo che la risoluzione delle Nazioni Unite venga effettivamente implementata. È da valutare molto positivamente, inoltre, il fatto che la risoluzione preveda un rapporto annuale del Segretario Generale dell'Onu su questa materia, perché questo aiuta a mantenere alta l'attenzione su questo dossier.
Molti paesi europei hanno già una legge nazionale che punisce le Mgf: come ovviare alle resistenze delle comunità immigrate?
La legislazione dei paesi Ue in questa materia è piuttosto armonica e la legge va applicata e fatta rispettare. Vero è che, normalmente, le comunità immigrate sono più restie ad abbandonare le tradizioni del paese d'origine rispetto a chi vi risiede. Per loro si tratta di un dato identitario importante. Per questo credo sia cruciale l'informazione. E' fondamentale mettere le famiglie immigrate in condizione di sapere che a livello di comunità internazionale le mutilazioni genitali sono considerate come una violazione dei diritti umani, che nel loro Paese sono vietate per legge, o che nel loro villaggio non vengono più praticate perché c'è stata una presa di coscienza degli effetti nefasti che producono sul corpo e sulla mente di donne e bambine. Dato che l'alibi religioso ha ancora una certa diffusione come giustificazione della pratica, è molto importante veicolare e far conoscere il messaggio di quegli imam che non perdono occasione per ribadire che le mutilazioni genitali femminili non hanno niente a che vedere con i precetti della legge islamica.
Con quale formula non smarrire il contributo del Tavolo nazionale di coordinamento, soppresso dalla spending review?
Di iniziative a livello locale, da replicare su scala nazionale, se ne possono inventare tante. Certamente il contributo delle Regioni e degli enti locali nella lotta alle mutilazioni genitali è prezioso e può avere una notevole incidenza, quindi non va assolutamente dismesso, ma al contrario occorre pensare al modo più efficace per portare avanti questa esperienza a costo zero.

Fonte: Italiani quotidiano del 26/10/12
Twitter@FDepalo

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