giovedì 18 ottobre 2012

GRECIA, ORA LA CRISI UCCIDE IN PIAZZA NEGLI SCONTRI MUORE UN MANIFESTANTE

Venticinquemila ad Atene, quindicimila a Salonicco per dire “oki”, scontri tra manifestanti e polizia, lacrimogeni e bombe molotov, un morto di infarto, governo Samaras di nuovo a rischio. La Grecia si ferma per la seconda volta in tre settimane nel giorno dell’ennesimo e inutile eurovertice, e grida tutto il suo “no” alle misure per 13 miliardi di euro che la troika vuole imporre al paese in cambio dell’ennesima tranche di aiuti che durerà lo spazio di pochi mesi. I tre maggiori sindacati del paese chiamano a raccolta operai, pensionati dipendenti pubblici. Ma anche medici, giornalisti, controllori di volo. Non c’è una categoria che non sia interessata a questa tregiorni di manifestazioni contro un medico (la troika) e una cura (il memorandum) che stanno ammazzando un paziente già gravissimo. Il ritornello di tutti è: “Se i soldi dell’Europa vanno alle banche, perché il conto lo paghiamo noi con taglio a stipendi e pensioni?”. Tre i cortei nella capitale ellenica confluiti nella centrale piazza Syntagma, teatro di scontri tra manifestanti incappucciati e forze dell’ordine che rispondono con gas lacrimogeni. Forti momenti di tensione in tutte le vie laterali alla Camera dei Deputati, con un operaio portuale 67enne che viene colpito da infarto. E spira un attimo dopo il suo ricovero in ospedale. Poco dopo il leader della Sinistra Democratica Fotis Kouvellis, che assieme ai socialisti del Pasok sostiene l’anomala maggioranza di governo, annuncia che non voterà in Parlamento a favore di queste misure che uccidono il lavoro e i lavoratori.

La troika insiste su licenziamenti nel settore pubblico (almeno 15mila subito), sui tagli per 9,2 miliardi di euro da attuare nel 2013 (il resto nel 2014) e non 7,8 come chiesto dalla parte greca. Infatti, anche in questo caso il saldo primario del 2013 sarà pari a 0% del Pil (rispetto al 1,1% del PIL, nel progetto del nuovo bilancio), mentre il 2014 sarà 1,5% del Pil. “Tagliano tutto” grida un operaio a cui mancano tre anni a una pensione che, forse, potrebbe non arrivare. A rischio tfr, indennità di invalidità, progressi salariali. Oltre alla cesoia su comparti strategici come welfare e sanità.

La Grecia è fallita, ma nessuno lo dice apertamente: né la troika, né il governo Samaras, lo sussurrano solo le agenzie di rating come Moody’s che, attraverso dati e rilievi tecnici, hanno già da tempo maturato tale consapevolezza. Lo sanno, per certo, i cittadini greci in cassa integrazione, gli operai del polo industriale di Scaramangà (uno dei maggiori d’Europa), i portuali del Pireo, i dipendenti delle banche cooperative chiuse dalla sera alla mattina per favorire i grandi istituti finanziari, i pensionati “tagliati” del 20%, quelli che adesso risparmiano sul carrello della spesa, quelli che abbandonano i bambini nei monasteri della provincia di Atene perché non possono più mantenerli, quelli che emigrano in Svezia o in Australia per cercare fortuna.

Ma per la scelta di evitare quel fallimento per il rischio di contagio (pronte già sul tavolo operatorio Portogallo, Spagna e Italia) si affama un Paese e un popolo, senza toccare i grandi patrimoni (quelli che ad esempio hanno fatturato miliardi nel passaggio da dracma a euro) e le rendite di posizione di chi, già da tempo, ha portato danari da Atene in qualche cantone svizzero. E il corto circuito si ritrova nell’ammissione di uno dei rappresentanti della troika, Poul Thomsen che quarantott’ore fa ha candidamente dichiarato: “Abbiamo sbagliato, tagliando solo salari e indennità”. E a nulla servono le parole del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, che continua a dire che se Atene uscisse dall’eurozona, “questo sarebbe un danno per l’area della moneta unica e per la Grecia”. Il danno c’è già. E si chiama Ue: una cosa che oggi non funziona più.


Fonte: Gli Altri on line del 18/10/12
Twitter@FDepalo

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