lunedì 8 ottobre 2012

«Un programma di “attacco” contro la decadenza italica»

«Se moderati significa non andare all’attacco delle riforme da fare, beh, allora io non sono moderato – dice a Italiani Quotidiano Salvatore Carrubba, uno dei coordinatore dei Mille per l’Italia e presidente dell’Accademia di Brera, oltre che consigliere d’amministrazione dell’università Iulm – perché al paese serve uno scatto di reni per la ricostruzione».
Mille per l’Italia: un’idea, ma soprattutto uno stimolo. Come guardare all’obiettivo lista civica nazionale?
Con una chiarezza di intenti programmatici, nella consapevolezza della drammaticità assoluta del momento. Sulla criticità del sistema economico e finanziario si sta iniziando a perdere un po’il senso. Sembra che dopo l’agosto scorso sia venuto meno il senso dell’emergenza. E invece non è finita, come dimostrano le difficoltà delle imprese, dei lavoratori, dei disoccupati, delle famiglie e dei mercati internazionali. Serve un intervento tutt’altro che moderato nella riscrittura delle regole, proprio perché bisogna rinnovare profondamente tutto in virtù di un programma di attacco per curare le patologie italiane in materia fiscale, economica, politica e strutturale. Se per moderati intendiamo voler proseguire nello status quo, allora io non mi sento affatto tale.
 Politica e società civile: quale errore non commettere?
Pur non iscrivendomi al gruppo di chi pensa che la società civile sia migliore di quella politica, credo però che sia necessario dare comunque un segno di rinnovamento significativo. E non solo generazionale ma soprattutto per apportare esperienze professionali e passione per la politica intesa come ricerca dell’interesse comune, nel rispetto delle idee diverse. Occorre modificare radicalmente il metodo di selezione della classe dirigente. Se su queste due condizioni si dovesse creare un raggruppamento di individui di buon senso e di buona volontà, allora potremo dare un reale contributo.
In molti sostengono che politica e cultura non siano più vasi comunicanti: come ricominciare a tessere quella tela?
Mentre la politica non è mai stata molto attenta ai problemi della cultura, la cultura ha sempre avuto un atteggiamento molto spocchioso verso la politica. E quest’ultima altrettanto spesso ha considerato la cultura solo un mezzo per creare consenso, con molti soggetti legati alla cultura che si sono prestati a un simile gioco. Vi sono molti equivoci da sconfiggere e lo si potrà fare solo se la politica comprenderà come la cultura sia uno strumento di sviluppo innanzitutto civile, non mero arnese per raccogliere voti. Come numerosi studi dimostrano, vi sono società migliori lì dove prolifera una maggiore diffusione di cultura. Quest’ultima è imprescindibile per creare le condizioni ideali allo sviluppo di un’industria culturale. Nella convinzione che ormai nel nostro futuro produttivo forse non ci saranno più auto, acciaio o cemento, ma valori non materiali che necessitano di un substrato culturale più marcato.
Prendendo spunto da quanto scrive nel suo Il cuore in mano, crede che l’Italia sia come un flipper?
Certo e lo dimostra il fatto stesso che esiste una massa di elettorato fluttuante e incerto con percentuali mai registrate prima nella storia del paese. I cittadini si sentono sballottati, alla perenne ricerca di una meta o di qualcuno che la indichi. Ciò spiega anche il paradosso di quei cittadini che apprezzano Monti ma non tutte le sue politiche. Proprio per quell’esigenza di avere interpreti affidabili. Certo, poi si potrà discutere nel merito delle scelte fatte, ma è necessario un presupposto di fondo che si chiama credibilità. Non trovandola, ecco che la gente assomiglia a una pallina di un flipper e non sa più dove fermarsi. In pochi mesi dovremo essere bravi a trasformare quel flipper in una macchina funzionale che serva la comunità intera.

Fonte: Italiani quotidiano del 6/10/12
Twitter@FDepalo
 

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