domenica 21 ottobre 2012

Mughini: «La democrazia nell’Italia di oggi? Lesa nella sua colonna vertebrale»


«La democrazia italiana è lesa nella sua colonna vertebrale», certifica Giampiero Mughini scrittore, e opinionista, come affrescato nel suo Addio gran secolo dei nostri vent'anni (Ed. Bompiani), per radiografare il l’Italia di oggi. Con sullo sfondo «la recita grottesca dei partitini, l’uno contro, l’altro armati in nome del nulla».
Nel suo ultimo lavoro offre al lettore un viaggio tra città, eroi e bad girls del Novecento. Cosa rimane di quel “secondo Rinascimento”?
Il Novecento resta nelle nostre arterie e nella circolazione del nostro sangue e anche se questo cambia da generazione a generazione. La mia è stata tatuata dal Novecento, un 25enne di oggi lo è in parte, mentre un 15enne non sa neanche che cosa sia stato il Novecento. È stato un secolo terribile, quello che ha creato l’intero iconografico e tecnologico di cui ci siamo nutriti; che ha prodotto i più grandi stermini di massa, il comunismo e il nazismo. E laddove i problemi e i disastri del terzo millennio sono completamente diversi. Il disastro primo e assoluto del nostro tempo, è quello della cosiddetta politica dei partiti. Il Novecento è stato un secolo, nel bene e nel male, modellato dalla politica dei partiti, l’Italia di oggi tempo è offuscata da partiti la cui classe dirigente e il cui sistema di pensiero è robetta da quattro soldi.  
A proposito di partiti, quello degli astenuti dimostra che in Italia le etichette non contano più molto, mentre aziende chiudono e imprenditori si danno fuoco: occorre un crollo totale per iniziare finalmente una ricostruzione, anche e soprattutto culturale?
Sono un membro del partito degli astenuti. Nel mio caso dire astenuto è dire poco, sono uno che decide ostinatamente di non recarsi alle urne, di non conferire il mio obolo ad una recita grottesca di partitini l’uno contro l’altro armati in nome del nulla. Che non si rendono conto di come in questo momento per il paese il punto è non precipitare nel baratro, non acchiappare per la coda la Grecia e magari batterla sulla strada verso il disastro. Le parole di un tempo, destra e sinistra, non significano più nulla. Del resto il cosiddetto bipartitismo, nato nella seconda repubblica da Tangentopoli, non esiste più. Del centrodestra non vi sono più notizie, se il prossimo leader come leggo dovesse essere Briatore, allora veramente siamo alla farsa, con tutto rispetto per l’imprenditore torinese che è un simpatico e intelligente ragazzone. A sinistra non va meglio: si pensi che la coalizione Bersani-Vendola-Nencini convoglia perfettamente opposte l’una all’altra, da una parte chi dice che l’attuale premier è stato bravo e va incoraggiato, e dall’altra chi vuole rottamare l’agenda Monti come candidamente ammesso dal responsabile economico del Pd, Stefano Fassina. “Rottare” l’agenda Monti detto da un esponente del Pd che lo ha sostenuto? O non conosce la lingua italiana o la usa per andare a finire sui giornali, dove più le spari grosse e meglio è.
Il sistema italico sembra incapace di evolversi autonomamente: siamo condannati a dover attendere l’ennesima tangentopoli per ovviare allo status quo?
La democrazia italiana è sulla sedia a rotelle perché lesa nella sua colonna vertebrale. Di inchieste giudiziarie ne nascono una ogni quarto d’ora. Dico solo che per interessarsi alla politica attuale occorre essere un esperto di cronaca nera, di intercettazioni, verbali e interrogatori. Per intenderci, quando ero ragazzo leggevamo Gramsci, Giorgio Amendola, Bobbio, Ugo La Malfa. Oggi leggiamo di Fiorito, Lusi, Minetti, la nuotata di Grillo nello stretto di Messina. Sulla performance del comico genovese non ho parole.
Pensa sia giunto il momento per le cosiddette intellighenzie di “sporcarsi le mani” con la politica e di farsi avanti?
Quelle che lei definisce intellighenzie oggi non contano nulla. Come ricordano i capi della Mondadori-libri, i libri che si vendono oggi sono le autobiografie degli attori. Nella civiltà massmediatica contano solo il numero dei follower sui social network.
Pur considerando le note difficoltà del terzo millennio, vede una tendenza all’autocommiserazione da parte dei trentenni italiani? In fondo i nostri nonni e i nostri padri hanno affrontato rispettivamente una o più guerre e anni di dura ricostruzione…
I nostri nonni hanno combattuto ad El Alamein o altrove come se fosse la cosa più naturale al mondo. E del resto i loro padri si erano inerpicati sull’Isonzo in battaglie spaventose. È comprensibile il disagio dei ragazzi di oggi che, allevati nella società del possibile e del “tutto e subito”, e dove tutte le libertà e le fantasie sembravano dispiegarsi alla grande, si vedono costretti a lavorare in un call center per seicento euro al mese quando va bene. Troppo alto il dislivello tra quella che era apparsa la promessa di una società industrialmente possente, e la realtà di una nazione che oggi è fanalino di coda in tutte le classifiche economiche o sociologiche dell’Occidente.

Fonte: Italiani quotidino del 20/10/12
Twitter@FDepalo

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