Da Ffwebmagazine del 29/10/10
A chi pensa che le regole rappresentino un freno. A chi reputa i modelli organizzativi come un tedioso rallentatore del fare. A chi ritiene che osservare pratiche e commi sia una perdita di tempo. A chi svilisce codici e leggi a secondari indicatori di crescita. A costoro si consiglia la lettura di un interessante volume firmato da due manager, Roger Abravanel e Luca D’Agnese “Regole- perché tutti gli italiani devono rispettare quelle giuste e rispettarle per rilanciare il Paese”. Per sfatare il tabù che modus comportamentali non siano utili, per far comprendere alla classe dirigente e ai cittadini come avere regole giuste, ed osservarle, sia la ricetta per uscire dalla crisi e per investire seriamente nel futuro del Paese.
Ciò che conta nei modelli economici moderni, e come attuato da tutti i Paesi più sviluppati, è poter contare su uno strato di regole corrette.
Averle, non è solo etico, ma è anche la strada più rapida che da sempre tutte le economie mondiali hanno percorso per inseguire lo sviluppo. “Le regole non nascono perché prodotte dalla politica”, riflette Roger Abravanel libico, da 34 anni consulente di aziende italiane e già autore nel 2008 di “Meritocrazia” che ha innescato un ampio dibattito sulla velocità di modernizzazione delle risorse umane in Italia. Proprio l’Italia registra indici pericolosi che, se ignorati o sottovalutati, rischiano di impedirne il progresso.
Le regole vanno osservate, asseriscono gli autori, dal momento che generano un circolo virtuoso di rispetto e di protezione dei consumatori. L’Italia negli ultimi quindici anni ha registrato la crescita più bassa d’Europa, un dato che non deve essere sottaciuto o confuso con la recessione mondiale. Un fatto oggettivo, da valutare oggettivamente, guardando dall’interno le criticità del Paese. Che dipendono da un sistema errato di regole, che vengono aggirate, che producono concorrenza sleale, che innescano quel meccanismo perverso di sfiducia dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione, con uno Stato pachidermico, con una burocrazia ingessata che ingessa anche l’intero sistema.
Non un quadro catastrofico, ma la reale visione delle cose, dalla quale ripartire per sanare i punti deboli e recuperare quel gap, già sostanzioso, che ci differenzia dagli altri Stati europei. Ad esempio, se l’Italia avesse l’occupazione nei servizi pari alla media europea, si otterrebbero tre milioni di dipendenti in più. Ancora, il peso della nostra economia sommersa vede l’Italia al penultimo posto in Europa, dinanzi solo alla Grecia. L’inefficienza della PA incide per circa sessanta miliardi di euro. Tre esempi che, se metabolizzati e migliorati, offrirebbero al Paese quella marcia in più che al momento manca.
Ecco che il libro indica come trasformare il circolo da vizioso in virtuoso. Innanzitutto investendo su quattro elementi fondamentali: l’educazione civica dei cittadini, l’indipendenza dei media, la rapidità della giustizia civile, l’autorevolezza dei controllori. Un panorama che, ad oggi, in Italia non si vede. In primis perché i cittadini sono poco civili: regole da rispettare, nuove generazioni da educare al rispetto, in quanto producono benessere collettivo e non per un singolo. Non ci sono editori puri, quindi i media soffrono cordoni ombelicali: in più l’80% degli italiani è mediaticamente analfabeta.
Non che non sappia leggere o scrivere, semplicemente non comprende a fondo ciò che legge. Quindi i media proseguono nella “bassa” informazione, nel poco approfondimento, mantenendosi sull’informazione leggera, quasi ariosa, come spesso fa il Tg1. Giustizia: 1200 giorni, in media, per una controversia civile scoraggerebbe qualsiasi imprenditore ad investire in Italia, peggio di noi solo il Gabon o il Gibuti, non una democrazia moderna e avanzata. Infine i controlli: volendo raffrontare, ad esempio, Rai e BBC una differenza è immediatamente evidente. Mentre la tv di viale Mazzini è controllata dalla Vigilanza e quindi dai partiti, quella inglese è gestita da un Trust, composto da esperti di televisione e non da politici. La BBC non ha come obiettivo la par condicio, ma udite udite la qualità.
Un’Italia, dunque, con gli occhi dietro la testa che, come disse Louis Pauwels ne “Il mattino dei maghi”, sarebbe tempo di ricollocare al loro posto.
"REGOLE- PERCHE'TUTTI GLI ITALIANI DEVONO SVILUPPARE QUELLE GIUSTE E RISPETTARLE PER RILANCIARE IL PAESE". di Roger Abravanel e Luca D’Agnese. Garzanti Libri. Pp.376. Euro 18,60.
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