venerdì 8 ottobre 2010

Wi-fi, proposta bipartisan per una rete libera


Da Ffwebmagazine del 08/10/10

Ha detto recentemente Gavin Newson, sindaco di San Francisco, che se un bel giorno tacessero tv e giornali, i cittadini sotto i trent’anni non se ne accorgerebbero. Perché sono i primi fruitori della rete e delle straordinarie opportunità che internet offre: non solo di dialogo sociale, di contrapposizione o di incontro, ma anche di occasioni professionali. Quindi di sviluppo economico.

C’è un Paese nell’Occidente moderno, però, che sta sottostimando apertamente e pericolosamente la risorsa della rete. Quello stesso Paese che in una legge del 2005, il cosiddetto decreto Pisanu, impone all’utente intenzionato a collegarsi a internet mobile di identificarsi preventivamente. Nell’articolo 7, infatti, è prescritta una simile condotta per prevenire il rischio attentati. Ancora una volta la paura, vero cancro del terzo millennio, blocca il raggiungimento di un obiettivo. Un limite all’accesso wi-fi, non dettato quindi da gap tecnologici, o da censure dittatoriali in stile iraniano, bensì da un timore. Lecito chiedersi: è proponibile un modello di azione amministrativa dove lo Stato sacrifichi un diritto dei cittadini sull’altare della paura?

Su questo filone si è inserita l’iniziativa legislativa bipartisan alla Camera, per cancellare quelle norme che, di fatto, sbarrano la strada a internet più libero. E firmata dai deputati, Barbareschi (Fli), Lanzillotta (Api), Rao (Udc), Gentiloni (Pd). Complottisti? No, onorevoli che hanno compreso come la rete rappresenti un’ indiscutibile opportunità di sviluppo che un Paese moderno e responsabile, ha il dovere di incentivare. Ma su quali premesse?

Come più volte ribadito su queste colonne, ad oggi in Italia le reti wireless non sono completamente aperte, anche a causa di una certa sottovalutazione che il governo ha accusato circa internet e la banda larga. Ha ancora senso, allora, applicare costumi antichi a soggetti nuovi? Quale vantaggio si avrebbe nel voler burocratizzare oltremodo uno strumento rapido e rivoluzionario come la rete? Sarebbe il trionfo dell’anacronistico, una condotta semplicemente rivolta al passato. E, di conseguenza, deleteria. Perché la rete afferma proprio questo, quando si descrive come una vera rottura rispetto ad un tempo dove i collegamenti telematici erano fantascienza.

E ciò andrebbe metabolizzato rapidamente dal momento che, come ricordato pochi giorni fa dal Presidente della Camera Gianfranco Fini accogliendo a Montecitorio Jeremy Rifkin, «ci stiamo dirigendo verso il mondo dell’empatia perché la società umana è arrivata ad un alto grado di interconnessione grazie allo sviluppo tecnologico». Oggi, parafrasando l’economista e saggista statunitense, viviamo accanto alla cosiddetta “Generazione del Millennio”, ovvero la prima generazione della storia cresciuta a pane e internet, e già in perfetta osmosi con i social network. Questo quadro, secondo Fini, disegna un’icona di speranza, in quanto volgendo lo sguardo al prossimo ventennio consente di osservare i nuovi 40enni, che potranno vivere in un alveo sociale più libero, con reti maggiormente collaborative. Su tutti i fronti.
E allora una politica lungimirante e responsabile dovrebbe non guardare all’opportunità “internet” affidandosi al vecchio arnese dello specchietto retrovisore, ma mostrarsi più consapevole verso ciò che è già dinanzi a tutti. Legislatori compresi.

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