Da Ffwebmagazine del 29/10/10
Fotografia dei media italiani: nella Russia staliniana, quando un dirigente del partito o uno scomodo intellettuale non organico venivano rimossi per cause politiche, si faceva aleggiare il solito malore improvviso per giustificare eventi di altra natura, certamente non fortuita. Per depistare, far perdere tracce fisiche, coordinate di posizioni, ma soprattutto per diradare idee, contrarietà, domande inopportune. Insomma, per raccontare un’altra storia. Legittima, per carità, ma dichiaratamente falsa.
Lecito chiedersi: anche dalle parti dell’informazione biancorossoeverde c’è qualcuno che ha in mente di fare la stessa cosa? Perché se si arriva al punto di negare l’evidenza in maniera così evidente, significa che o si è totalmente in malafede quindi si fa dolosamente della massiccia controinformazione; o non si ragiona attentamente su quello che poi si dice magari per limiti oggettivi, di conoscenza dei fatti, di cultura, di arguzia, di comprensione. Con il risultato di mistificare sempre e comunque.
In occasione degli stati generali dell'informazione convocati a Roma dal duo Bondi-Santanchè, due assiomi sembrano essere stati vergati non da individui che vivono e lavorano in Italia, ma da alieni, lontani anni luce da ciò che realmente succede ed è successo sotto gli occhi di tutti.
E sorprende non poco la nonchalance con la quale sono stati stoccati, quasi come fossero volutamente difformi dall’accaduto. Il primo è firmato dal direttore del Tg1: ricorda la necessità di battersi perché venga riconosciuto “il diritto di una parte politica e di una stampa a poter esprimere la propria opinione senza per questo essere emarginata e messa da parte. Oggi c’è chi criminalizza l’avversario, non accetta che possa avere un punto diverso, ma lo considera un qualcosa che non deve avere cittadinanza”.
Per caso Minzolini è diventato finiano? O ha compreso – un po’in ritardo- come la pluralità di opinioni rappresenti un plus, non solo in ambito politico o partitico, ma addirittura anche in campo giornalistico? Anche l’ex retroscenista de La Stampa è stato folgorato sulla via di Damasco in nome di una libertà di approfondimento e di analisi vera e veritiera che spesso è mancata in molti spazi informativi? E ancora, dov’era il 29 luglio quando l’editto romano ha cacciato dal partito il cofondatore, per non meglio precisate incompatibilità politiche e funzionali con il resto del fu Pdl?
Il secondo è del direttore di Libero: “Il dramma vero in Italia è l'esistenza di una cupola che impedisce di essere informati”. Non sarà con il ribaltamento scientifico della realtà che si giustificheranno i dati sconfortanti di un tiggì (non uno qualsiasi, ma quello della rete ammiraglia del servizio pubblico) e il killeraggio di una campagna andata in scena negli ultimi mesi, tra ombrelloni e grandi magazzini. Non è chiamando sole la luna e bianco il nero che si sentiranno legittimati a dire, fare, smentire e cambiare tutto e contro tutti in questa informazione impazzita. Che invece avrebbe bisogno di altro. Non solo della solita serenità invocata sempre e solo dopo ogni episodio sgradevole (come le odiose aggressioni o le minacce che molti colleghi ricevono), ma anche di una sana serietà. Senza la quale si continua a fare una cosa che non è informazione.
Anzi lo è, perché informa, ma informa su un qualcosa che o non è accaduto, o che è accaduto ma raccontato invertendo i ruoli degli attori protagonisti. Un qualcosa che, comunque lo si scriva o lo si racconti, non fa onore a nessuno. Piaccia o no.
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