lunedì 25 ottobre 2010

La strada giusta per costruire un multiculturalismo del buonsenso


Da Ffwebmagazine del 25/10/10

Ha detto Albert Einstein che è più facile disintegrare un atomo che un pregiudizio: mentre nel continente si ragiona a più cervelli su modelli di integrazione dell’immigrazione e si valuta attentamente come attuare modifiche o miglioramenti, in Italia la politica sui flussi si fa con adesivi sui banchi di scuola o attribuendo più attenuanti del previsto (perché nato sul suolo italiano), a chi è accusato di omicidio di una donna rumena. Sicuri che sia la strada giusta per armonizzare diritti e doveri?
La riflessione di qualche giorno fa vergata dalla cancelliera tedesca sui difetti del muticulturalismo è stata da più parti strumentalizzata. Ovviamente a favore di chi pensa che un “no” preventivo a tutto e a tutti sia la risposta maggiormente efficace. Invece quelle penne che hanno colto l’occasione per scrivere tediosi e infiniti “lo avevamo detto”, avrebbero potuto leggere fra le righe di quei pensieri per fare autocritica (che sarà mai, questa sconosciuta?), per elaborare proposte più serie, per sforzarsi di evitare di parlare di immigrazione con il disinfettante in mano, come fatto anni fa dall’eurodeputato leghista Borghezio sullo strapuntino di un treno occupato da una nigeriana, in un trionfo di immane inumanità.
In Francia il dibattito ruota sul concetto di assimilazionismo, dove si è tentato di azzerare l’identità del nuovo cittadino, rendendolo ex novo un individuo francese a tutti i costi. E non tenendo in debita considerazione le sue peculiarità, le sue abitudini, i suoi sogni. Nel nord Europa, invece, si è puntato su un multiculturalismo che ha necessità, oggi, a distanza di due generazioni come i flussi turchi in Germania dimostrano, di essere registrato. Come ribadito dal presidente della Camera Gianfranco Fini in occasione della sue recente visita in Marocco, né l’anarchia interna né il rifiuto a priori possono essere due strade percorribili. Il multiculturalismo del futuro deve essere quindi declinato prevedendo l’integrazione dell’immigrato.
Ci si chiede, all’interno del dibattito europeo, cosa significhi tutelare l’identità dello straniero. La risposta è: declinandola all’interno del nuovo contenitore sociale prescelto, con una massiccia dose di buon senso. È quindi da ritenersi fallimentare quel multiculturalismo che vede lo straniero non apprendere la lingua del paese ospitante.
È chiaro che le voci discordanti manifestatesi negli ultimi mesi sul tema rappresentano la spia di un malessere ben preciso: l’esigenza di un approfondimento culturale - e di conseguenza provvedimenti umani e corretti - che tutelino i diritti fondamentali dei nuovi cittadini, accanto ai rispettivi doveri.
Invece in Italia la proposta del ministro dell’Interno Maroni pare farà il paio con requisiti abitativi: in sostanza l’immigrato, anche comunitario, potrà essere respinto se non disporrà di un'adeguata dimora. Lecito chiedersi: chi ne valuterà l'adeguatezza? L’ufficio tecnico del comune? Burocrazia su burocrazia: non è così che si armonizzeranno richieste ed esigenze, che si annoderanno i fili di esistenze diverse che, per cause storiche, politiche ed economiche- che non tutti forse rammentano - sono costrette a convivere. E non da oggi, ma da molti secoli prima che nascessero movimenti identitari con il fazzoletto verde e con gli adesivi sui banchi di scuola.

Nessun commento: