martedì 19 ottobre 2010

Immi, in Islanda il paradiso del giornalismno off-shore

Da Ffwebmagazine del 19/10/10

Paradisi fiscali? No, di notizie. In una società dove la rete è considerata un pericolo, quanto a fluidità di fatti e notizie, c'è chi si sforza di preservare capisaldi di democrazie ed esempi di liberismo. Quelle libertà di espressione e di informazione di cui sempre più spesso di abusa. Detto dei dossier patacca e degli esempi non certo edificanti di cui hanno scritto le cronache italiane degli ultimi tempi, nella piccola Islanda si sta tentando un esperimento epocale per rivoluzionare l'informazione globale. Birgitta Jonsdottir, deputata e blogger, ha animato un progetto di legge “Iceland modern media initiative”, (Immi), per strutturare un centro internazionale di giornalismo investigativo, grazie alla proposta di legge approvata lo scorso giugno dal Parlamento. Un manuale per combinare idealmente e nel modo più liberale possibile, la libertà di parola, la protezione delle fonti, la tutela delle idee contra.
Lì, a nord dell'Europa per creare l'alcova del giornalismo off-shore, con un intervento legislativo per dare ospitalità alla libertà di espressione. Materialmente qualunque giornalista o blogger del pianeta potrà iscriversi ad un portale, dove, con codici di accesso, scrivere e godere della stessa protezione negata, ad esempio, in molti Paesi dove i dissidenti non possono pubblicare i blog. O dove alcune notizie semplicemente non possono essere diffuse, come la legge bavaglio italiana impone. «La giustizia deve essere vista, la storia conservata», riflette da deputata islandese, e le notizie, vere, diffuse. Per andare oltre l'ingessata burocrazia del vecchio continente, gettando le fondamenta per un'isola di White dell'informazione, lontana anni luce da schemi e cavilli, ma con al primo posto la sua unica missione: informare.
L'obiettivo è trasformare la realtà in ciò che conosciamo ma che spesso manca, quando si apprende che l'Italia è al settantaduesimo posto al mondo per libertà di informazione. Ovvero indirizzare una tipologia di apprendimento verso una normalità percepita come semisconosciuta. Una vera e propria rivoluzione della conoscenza nella post-modernità massmediatica, nell'epoca dei dossier patacca e delle news globalizzate.
Nuove porte che si spalancano, quindi, neuroni che frettolosamente fuggono dalla pachidermica informazione politicamente corretta, e che si accasano nella terra di nessuno perché è di tutti. In un'isoletta dalle coste frastagliate e dalle sperimentazioni elettrizzanti, lì dove non si è mai spinto alcuno. Per rendere visibile il celato, educare all'ascolto ed alla comprensione: questo il passaggio chiave all'interno di un contenitore nuovo e non effimero. Anche per contribuire a far crescere il cosiddetto Pil della felicità, quello cioè che non risulta fondato esclusivamente su indici di carattere economico, ma affiancato dalla qualità della vita, intesa anche come opportunità di conoscenza. E se a promuovere questo strumento innovativo anche in Italia è un deputato che prima di appartenere al Parlamento è un blogger, significa che l'investimento sulla rete è da considerare di primaria rilevanza.
La Jonsdottir, infatti, è stata pioniera nel riversare sulla rete arte e letteratura, fondando due anni fa “Solitario”, una miscellanea di movimenti civili per stimolare una rivoluzione sociale, all'indomani del crack finanziario islandese. Muovendosi sulla direttrice di un'azione orizzontale, coinvolgendo in larga misura i singoli cittadini grazie a internet. Per questo considera i blog come l'affermazione della propria indipendenza. Un'occasione irripetibile di partecipazione dal basso, che sostiene di conseguenza la bontà del progetto Immi: conseguire la trasparenza totale, un'occasione di rinascita per il giornalismo, che sempre più spesso si mostra farraginoso e immobile dinanzi alle nuove sfide sociali e drammaticamente appassito davanti a una politica straripante.
Ecco le prime conseguenze di un paradiso off-shore del giornalismo: formare nuove generazioni che veicolino fatti ed opinioni, ed aiutandoli ad esprimersi senza le paure che caratterizzano i media di oggi. Perché penne libere (o sarebbe il caso di dire mouse e tastiere) devono essere in grado di trasmettere a tutti le quotidianità, diffondendo nuove storie e nuove lenti per leggere quei paragrafi. Insomma, quel giornalismo investigativo che svela l'ignoto, che smaschera impostori e detrattori, che siano da un lato o dall'altro della barricata. Che esplichino, ad esempio, le news della pubblica amministrazione, i cui portali sono spesso di difficile comprensione e decodificazione.
Di qui l'invito della deputata islandese a stare un passo avanti ai rispettivi governi, per essere completamente consapevoli delle potenzialità della rete. Anche perché esiste un crescente e costante conflitto tra internet e soggetti molto più potenti della rete, come gli stati nazionali, le multinazionali, i gruppi editoriali. Meccanismi di questa battaglia sono estremamente complessi, dove non vi sono solo le classiche e macroscopiche censure, come in India o in Cina, ma azioni secondarie di destabilizzazione, presenti anche in Paesi moderni e democraticamente avanzati. Portate avanti con altre forme, più morbide, ma ugualmente letali per l'informazione.
E allora l'invito della blogger-onorevole islandese è di organizzare istituti sovranazionali che tutelino la comunicazione in rete, che salvaguardino i clik come sinonimo di libera espressione di idee e news.
Anche e soprattutto in un'Italia multimediaticamente ferma al medioevo, dove per la banda larga il governo promette di investire solo cento milioni di euro, a fronte di un investimento dell'esecutivo di Sarkozy di due miliardi. Dove internet mobile in alcune aree è un'utopia e dove il settanta per cento delle famiglie si informa ancora solo guardando la televisione.

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