giovedì 21 ottobre 2010

Le rotaie dell'Europa si incontrano sotto la Manica


Da Ffwebmagazine del 21/10/10

Ha scritto Pablo Neruda che «bisogna perdersi tra quelli che non conosciamo, affinché d’un tratto raccolgano il nostro dalla strada, dalla sabbia, dalle foglie cadute mille anni nello stesso bosco». Mescolarsi, unirsi, incontrarsi. E ancora parlarsi, toccarsi, lasciarsi e ritrovarsi. Per poi costruire un qualcosa, un contenitore dove far crescere un’idea. Quando l’idea di Europa prese forma, si avvertiva l’esigenza di coabitare, di mettere in comunione ideali e persone. In quel contesto, come più volte ribadito da Altiero Spinelli, si rendeva imprescindibile una «concentrazione di pensiero e di volontà». Allo scopo di reperire le opportunità positive di crescita, per essere pronti in occasione di débâcle e periodi di recessione, per gridare tutti insieme un convinto “sì” quando è il tempo di decidere.
Quello spirito, a intermittenza, è stato negli anni coccolato, incentivato, sminuito, non sufficientemente corroborato. Ma accade, a volte, che piccoli segni possano essere trasformati in grandi gesti, come in occasione del prossimo collegamento ferroviario che unità Francoforte a Londra a poco meno di cinquanta euro. Un interessante strumento commerciale, per favorire scambi economici, di persone. Ma l’auspicio è che si trasformi non solo in un’occasione di plusvalenze per aziende e stati (sempre gradite per carità, soprattutto in periodi di magra come questi), ma che possa riprendere il filo conduttore europeista. Per rafforzare un’unione che unita non sempre lo è. Che stenta a vergare proposte comuni, che si affanna nel rapportarsi alle nuove economie. In più occasioni senza un comune denominatore, ma figlio dell’improvvisazione contingente.
Quella cosa strana e deleteria che si chiama politica del respiro corto. Ad esempio: la Cina è il nuovo colosso economico? Ogni paese europeo tenta di accaparrarsi individualmente quante più commesse possibili. L’Africa rappresenta uno dei maggiori giacimenti esistenti di materie prime? I singoli stati membri vanno in ordine sparso nel continente nero. Ma con quale vantaggio? Apparentemente con quello di ottenere il miglior risultato, ma osservando tale deriva con un occhio rivolto al domani, senza ragionare da Europa. Si provi a immaginare per un momento quali scenari si aprirebbero se l’Unione Europea avesse una propria politica ambientale. Con un preciso e decennale piano di green economy, ovviamente poi da declinare nei singoli stati membri. O una propria direttiva per quanto concerne le risorse energetiche. O piani industriali combinati. Insomma, se l’Ue fosse realmente un’unione, le ricadute sarebbero molte. E positive.
Per queste ragioni quando si legge che il nuovo treno, che attraverserà sotto il tunnel la Manica, dalla stazione di Francoforte sino a quella nei pressi di Regent’Park, farebbe storcere il naso agli inglesi, viene da chiedersi cosa si dovrà attendere ancora per reagire con entusiasmo e convinzione al contributo della tecnologia.
Che in questo frangente sarà uno strumento validissimo per sostenere l’unione, oltre a quei procedimenti di integrazione e di commercio “umano”, come la cultura, che non aspettano altro se non correre a tutta velocità da un capo all’altro del continente. Perché, come scriveva Giuseppe Mazzini, «l’epoca passata, epoca che è finita con la rivoluzione francese, era destinata a emancipare l’uomo, l’individuo, conquistandogli i doni della libertà, della eguaglianza, della fraternità. L’epoca nuova è destinata a organizzare un’Europa di popoli, indipendenti quanto la loro missione interna, associati tra loro a un comune intento».

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