venerdì 8 ottobre 2010

Il Nobel al cartografo delle strutture del potere


Da Ffwebmagazine del 07/10/10

Un Nobel ad uno scrittore che non è stato solo eccellente in quanto tale, ma che ha svolto il ruolo di un “cartografo delle strutture del potere”. Al 74enne Vargas Llosa da Arequipa, l’ambito premio conferitogli dall’Accademia Svedese. Lui, il letterato peruviano che vede la letteratura come una missione sociale e civile. Sì, civile, in quanto è sempre stato portato a ritenere che le lettere, la favella e gli scripta potessero essere di stimolo agli individui. E come?
Llosa parte dal presupposto che il più grande errore della sua generazione sia stato quello di giustificare, in qualche maniera, le espressioni autocratiche, le forme dittatoriali. Adducendo il marxismo come unica alternativa. E non concentrandosi sufficientemente sulla letteratura, all’interno di una porzione sociale dove trionfi il liberalismo di massa. Sulla base di tale direttrice affida proprio alla letteratura un ruolo ben definito e altamente responsabile: un ruolo civile. Perché le parole, le immagini, i racconti, le poesie e i ragionamenti, fecondano la rete immaginaria del singolo uomo. Annaffiano di speranza neuroni che attendono solo la scarica iniziale, utile per avviare un percorso celebrale che condurrà alla produzione di idee, di consapevolezze, di sogni, di timori, di domande, di azioni.

Un quadro che, in quanto tale, fa paura ai grandi sistemi, che vedono nella capacità del singolo di formarsi mentalmente in libera autonomia creativa, un pericolo alla solidità della propria dittatura. Per queste ragioni esse hanno sempre mirato a stabilire un controllo sugli intellettuali, sulla produzione letteraria, e anche sul panorama informativo.
Recentemente Llosa si era anche occupato dell’Italia, osservandola con scrupolo e con un pizzico di tristezza, quando aveva ragionato sul fatto che nel Belpaese fosse affiorato ciò che aveva definito, con un’ espressione decisamente illuminante, “l’illusione italiana”. Compresa e resa fruibile al pubblico, dal punto di vista di un liberale vero, schietto e continuo, per nulla appartenente alla schiera di quei liberali buoni per tutte le stagioni o per tutte le casacche. Da quel trespolo infatti aveva osservato il berlusconismo, giungendo alla conclusione che il popolo italiano è illuso a causa di una deriva antiliberale. Concimata da condotte populiste, oltre che da svariate mistificazioni di un sistema. Che si dirige così nel caos. Vana inoltre la speranza che un individuo forte e dotato di una straripante immagine pervasiva, fosse inquadrato dalla gente come risolutiva panacea ai trentennali mali del Paese. Mali che, ad oggi e dopo provvedimenti ad hoc (o, meglio, ad personam), non solo rimangono inguariti, ma si moltiplicano ancora, come una metastasi anche mentale.

E’il manico, dunque, a non essere adatto, secondo Llosa: perché in virtù di certe impostazioni da reclame, con gesti clamorosi ed appariscenti (come i depliant di risultati raggiunti) non si costruisce una risposta credibile ed efficace. Ma solo paraventi di plastica, contrapposti ad esigenze maledettamente reali. Che della plastica, francamente, non sanno cosa farsene.
Ecco la lezione del Nobel: l’illusione momentanea che l’autoritarismo possa produrre benefici, è destinata a causare altri mali. In quanto tarpa le ali a nuove proposte, appiattisce i neuroni, blocca sul nascere gli impulsi provocatori che vorrebbero scompaginare, impedisce il libero assemblarsi di nuove e differenti opinioni. Insomma, crea genuflessione.

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