domenica 17 aprile 2011

Che noia, che barba: è la Lega

Dal Futurista del 01/04/11

Un po’ come i reumatismi, che ogni tanto tornano a farsi sentire. O come qualche virus che periodicamente intacca il pc, o come quegli imbonitori che lasciano nella cassetta delle lettere la pubblicità di maghi e fattucchiere. La Lega nord è così, ogni due o tre settimane, chiede le dimissioni del Presidente della Camera. Magari alternandosi con qualche pasradan berlusconiano. Di quelli che devono farsi vedere, che inondano di comunicati stampa le agenzie, dal momento che hanno avuto i loro due mesi di gloria, magari per una nomina o per qualche ospitata a Porta a Porta.

Eccoli allora, logorroici fino al midollo spinale, come quei manifestanti a cui pare abbiano dato panino, bibita e gettone per urlate pro cavaliere a Milano: “I comunisti mangiano i bambini, Silvio ha salvato l’Italia dai comunisti, è tutto un complotto, lui ci salverà”. E poi serve un tavolo tecnico, Padania libera, non ci sono più le mezze stagioni, adesso la prova costume. Fino ad arrivare alle dimissioni della Terza carica dello Stato.

Dal momento che, più volte in questi anni, dalle parti di via Bellerio hanno dimostrato di non essere propriamente dei campioni quanto a diritto costituzionale, e immaginiamo, anche in diritto parlamentare, sarebbe forse utile rammentare a Calderoli e soci che il ruolo del vertice di Montecitorio è di garantire la regolarità dei lavori parlamentari. Cosa che Fini ha fatto da sempre, mantenendo aperta quella seduta (per intenderci, quella in cui l’oxfordiano La Russa ha dato ennesimo sfoggio della propria cifra) anche oltre ogni ragionevole limite temporale. Come gli ha rimproverato persino il capogruppo del Pd, Franceschini.

Poi, se Lega e il Pdl pretendono che l’Aula della Camera si trasformi nell’aula della libertà, dove cantare gingle fino a sera, degustare polenta, con Apicella che tra una votazione e l’altra intrattiene gli ospiti in (sole) riunioni convivialpolitiche, allora che lo dicano chiaramente e senza troppi giri di parole.

Ma vadano a farlo altrove.

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