venerdì 15 aprile 2011

Foad Aodi: «Libia, quell'Occidente sempre in ritardo»

Dal Futurista del 20/03/11

La politica internazionale nella crisi libica? Metta da parte per un momento gli affari e si concentri prima sull’aspetto umano, sulle vite sacrificate in questi anni e negli ultimi mesi. E poi sono proprio “le mancanze dell’occidente a rafforzare il muro con il mondo arabo”, che invece avrebbe bisogno di un dialogo laico. Foad Aodi, medico italiano di origine palestinese è presidente dell’associazione medici stranieri in Italia, e al vertice della comunità del mondo arabo in Italia. Prende spunto dalla crisi libica per ragionare di uomini e Paesi, di dialogo interreligioso e di approcci laici. E non per dilettarsi in leziosi ragionamenti, ma per pensare a quelle rivoluzioni nordafricane come snodo storico e culturale.

Una guerra praticamente dentro casa per l’Italia, dove però la maggioranza di governo si è sciolta: ognuno ha deciso per sé. Certamente non il modo migliore di approcciarsi ad una questione delicata come quella libica?

La diplomazia internazionale nei confronti di Gheddafi proprio nei primi giorni è venuta a mancare, anche se oggi si sceglie l’interventismo.Avrebbe potuto dare un valore importante e diverso all’intera vicenda. Dal “non lo disturbo” di Berlusconi rivolto al colonnello, per fortuna si è passati alle posizioni attuali di condanna. Ma di fatto l’Unione europea ha registrato una pagina nera della sua politica estera, dimostrando di essere incapace di decisioni univoche e offrendo un’immagine divisa. In altre circostanze del passato, penso all’Iraq o all’Afghanistan, gli interventi sono stati più immediati.

Le piazza del Mediterraneo in fiamme in questi primi mesi del 2011: sarà l’anno del risveglio democratico?

Seguo con grande interesse e sorpresa questo movimento che deve rimanere spontaneo e studentesco. Ho subito detto che per fortuna è caduto il muro della paura e del silenzio, anche grazie ai social network e ai cellulari: un segnale importante. Tunisia ed Egitto hanno detto no ai leaders, in Libia è diverso perché Gheddafi dispone di un’opzione militare, per questo abbiamo lanciato dal primo momento un appello alla diplomazia internazionale affinchè intervenisse. Ma l’intera area reagisce, penso alla Siria ed alle manifestazioni in Arabia Saudita o anche nello Yemen.

Che significa?

Innanzitutto che in tutto il mondo arabo chiedono più democrazia e libertà. E poi alcuni Paesi si caratterizzano per rivoluzioni politiche che potrebbero precludere a scontri interreligiosi, come il Barhain. Come associazione italiana di medici stranieri, appoggeremo qualsiasi movimento spontaneo e democratico. Chiediamo ai nostri governanti che inizino finalmente a prestare attenzione alla volontà del popolo, dei giovani, analizzando le motivazioni di quelle piazze, due su tutte. La crisi economica mondiale che a quelle latitudini si avverte ancora di più, ed una disoccupazione altissima, anche se i giovani arabi di oggi sono più istruiti di quanto lo fossero i nostri genitori, e vorrebbero partire alla pari rispetto agli altri coetanei europei: hanno mezzi e qualità, manca loro il sostegno dei governi.

L’Italia rischia davvero le ritorsioni minacciate avanzate da Gheddafi?

Lo conosciamo non da oggi, lo stesso vale per quei politici che gli hanno baciato la mano o gli hanno steso tappeti rossi. Ha sempre utilizzato il metodo del ricatto nei confronti dell’Italia e dell’Europa: senza dimenticare la propaganda mediatica. Una situazione che va risolta con decisione, magari trattando con persone rispettose dei patti, elette democraticamente dai rispettivi popoli.

Misurata attaccata dai lealisti, con morti civili: barbaro massacro o guerra civile?

Lì la confusione è forte: molte persone venute da fuori, assieme al clan di Gheddafi, agiscono con l’ausilio di infiltrati dentro la città. Individui vestiti normalmente, ma che poi partecipano ad azioni pro colonnello. I nostri medici dal primo istante hanno lanciato l’allarme e il tempo ci sta dando ragione: si sarebbe dovuto intervenire prima. Purtroppo sono prevalsi gli interessi economici, gli accordi bilaterali, che non sostenevano i diritti civili, che avrebbero meritato altra valutazione. Un atteggiamento che ha fatto ancora di più aprire quel varco tra occidente ed il mondo arabo, che già era distante. Sono proprio queste azioni mancanti che fanno rafforzare i muri, che invece andrebbero abbattuti. Da cittadino italiano di origine araba, mi sarei augurato che questo varco fosse accorciato, dopo le vicende passate in Afghanistan e Iraq, dove si è voluto esportare forzatamente la democrazia. Serve invece dialogare con il popolo, noi abbiamo bisogno di politici che sappiano interloquire contemporaneamente con i governanti ma anche con la gente comune. Fino ad ora la politica italiana si è caratterizzata invece solo per essersi rivolta ai leader con rapporti personali.

Fino a quando le strategie internazionali di un Paese come l’Italia potranno basarsi sugli umori dei rapporti del Premier con gli altri vertici mondiali? Come fatto sino ad oggi, ad esempio, da Berlusconi con Putin o Gheddafi, quando invece sarebbe indispensabile una linea prettamente italiana e meno privatistica.

In passato si è avuto solo una serie di binomi: Berlusconi-Bel Alì, Berlusconi-Putin, Berlusconi-Gheddafi. Ben vengano amicizie personali che rafforzano rapporti politici, ma prevalga sempre l’interesse generale. Cito spesso la politica di Andreotti e di Craxi, che sapevano anche rivolgersi al mondo arabo che in quel periodo vedeva l’Italia con molta simpatia. Purtroppo ultimamente, anche per certe strumentalizzazioni sia contro le donne che la religione, sono stati utilizzati personaggi che non erano propriamente accreditati per parlarne specificatamente. Non si è valutato attentamente che nel mondo arabo vi sono molti cristiani maroniti. Per questo ha più senso rivolgersi alla comunità araba parlando a tutti, senza identificare il mondo arabo solo con la religione islamica. Si prenda lo Yemen dove si è partiti con un’imponente manifestazione in piazza, dove gli studenti hanno piazzato le loro tende, allo scopo di emulare la Tunisia e l’Egitto. In seguito le due tribù più numerose avrebbero voluto impadronirsi del potere per fini economici, a cui gli studenti hanno detto no. Professandosi distanti da tali personaggi e da tali intenzioni. Una questione purtroppo ignorata dai media, che se ne occupano solo quando ci sono dei morti. Addirittura hanno sparato sulla folla, utilizzando anche un gas altamente tossico non ancora identificato.

Chiudiamo sull’Egitto: crede che i Fratelli Musulmani possano rappresentare il futuro?

Penso innanzitutto che il popolo egiziano deciderà in autonomia il proprio futuro. Ma da laico vorrei porre l’accento sull’esigenza di sganciare la politica dal credo religioso. Credo che sia più utile soffermarsi sugli aspetti che uniscono, lasciando la religione alla coscienza del singolo.

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