domenica 17 aprile 2011

Italo Bocchino: «Ma questo governo non è la vera destra»


Dal Futurista del 01/04/11

Una destra europea, moderna, all’avanguardia. Che non abbia paura di concetti come inclusione, meritocrazia, legalità. Che sappia parlare al Paese senza istinti populistici, che risolva i problemi senza strabordare dai ruoli ma rispettando la cosa pubblica. E’l’auspicio che Italo Bocchino, vice presidente di Fli, affida alle pagine di Una storia di destra (Longanesi, introduzione di Pietrangelo Buttafuoco), una storia, ma con all’interno molte storie, di una passione, di un arco temporale affrescato da snodi determinanti ed incontri decisivi.

Da “Polo escluso all’uscita”, a “riveder le stelle” negli anni novanta: che storia è stata quella che lei ha vissuto in prima linea?
La destra italiana ha avuto un percorso sincero, profondo e valido. Dal punto di vista valoriale, programmatico, ma anche di evoluzione della classe dirigente. E anche di una certa contaminazione. Perché oggettivamente il dopoguerra ha generato un parallelismo tra destra e fascismo, peraltro errato dal punto di vista storico e politologico. Così come alcuni valori tipici della destra erano stati schiacciati dal sentimento antifascista, nel Paese dopo la guerra civile. E anche da una prevalenza culturale gramsciana della sinistra. Mi riferisco ad esempio all’idea di Nazione, al patriottismo, che adesso per fortuna sta tornando. Alla legalità, che era vista come un atteggiamento forcaiolo, alla meritocrazia. In seguito pian piano si è avuta la possibilità, anche per il percorso che la destra ha fatto con Fini negli ultimi vent’anni, di costruire un modello di stampo europeo, occidentale. Che ha percorso molta strada, e sarà utilissimo specialmente dopo il berlusconismo.

Prima il sogno di arrivare al timone del Paese. Poi il risveglio, in virtù di un esecutivo, l’attuale, che non è destra ma, come ha ampiamente dimostrato, fanatismo ed occupazione scientifica del potere. Quali le cause?
C’è un limite culturale. Bisogna dare innanzitutto atto a Berlusconi di aver portato un doppio elemento di novità per la destra: da un lato il radicamento nel sentimento degli elettori del bipolarismo; e dall’altro un’appartenenza comune politica di quegli elettori che si sono schierati con lui nel centrodestra, ritenendolo un’alternativa alla sinistra. Un gran lavoro nel contenitore, ma non nel contenuto. Perché poi i valori della destra lui non li incarna: la destra è legge e ordine e Berlusconi non è legge e ordine; la destra è capacità di includere e Berlusconi non ha tale capacità; la destra è tutela della nazione e lui anche nell’essere al traino e sotto il ricatto della Lega, vede schiacciare il sentimento nazionale del Paese; la destra è meritocrazia, lui ha dimostrato al cento per cento con il caso Minetti di non volere la meritocrazia, ma solo la cooptazione per ragioni personali; la destra è legalità, e lui ha abbassato la diga nei confronti della legge. Indubbiamente questo governo non ha fatto nulla di destra, né la rappresenta. Tant’è che le vere destre occidentali, da Cameron a Sarkozy, lo tengono fuori dalla porta.

Il libro è un racconto a ritroso con i ritratti di vari protagonisti: inutile chiedere quale sia il più significativo…
Certamente Tatarella, perché è stato il primo a credere in una modernizzazione della destra italiana. Il primo a credere in un ricambio generazionale e nel recupero di valori di destra, quando addirittura nell’area del Movimento Sociale Italiano si discuteva se dovevamo ancora definirci di destra.

Come spiega, da parte di alcuni attuali ministri, il repentino abbandono di un certo modo, di destra, di intendere la cosa pubblica: tutti folgorati sulla via di Arcore?
Penso che ci siano due ragioni, una di comodità del posto che si occupa e una comodità di vivere sotto l’ombrello berlusconiano. La logica berlusconiana è semplice: dice, “tu non fare niente, stai fermo, penso a tutto io, perché qualsiasi cosa tu possa fare rischi solo di farmi perdere voti. In cambio, quanto più sei servo e quanto più stai zitto, più sarai politicamente avvantaggiato”. Una logica che noi abbiamo rifiutato, altri hanno accettato o per comodità, o anche perché si tratta di gente di una certa età che non ha voglia di rimettere in gioco tutto il proprio percorso politico.

L’oltre il Polo di Tatarella fu il frutto di un certosino lavorìo politico e socioculturale: oggi che cosa si sta seminando invece?
Allora bisognava costruire un contenitore partendo dall’esplosione, un lavoro che necessariamente richiedeva una paziente cucitura di una serie di mondi. Adesso, come dico spesso, è utile fare la cosiddetta operazione bacinella, ovvero il contenitore pronto a raccogliere le acque in uscita dalla damigiana del Pdl pronta a rompersi. Non dico che l’implosione avverrà tra due settimane o tra due mesi, o tra due anni: comunque è destinato ad implodere. Nel momento in cui Berlusconi ha deciso di non strutturare il Pdl come partito ma solo come comitato elettorale di Silvio Berlusconi persona, è evidente che quando uscirà dalla scena politica quell’elettorato diventerà mobile. E se sarà mobile noi vorremo costruire il contenitore della destra moderna, europea ed occidentale che potrà raccoglierlo.

Perché il Pdl risulta così assolutamente distante dagli altri conservatorismi europei?
Ha avuto due anomalie: in primis la divisione del Paese tra fascismo ed antifascismo, e il fatto che la destra sia stata elettoralmente rappresentata come posizionamento politico da Berlusconi. E quel berlusconismo altro non è se non una destra populista, come ormai non ne esistono più neanche in Sudamerica.

Diciannove anni dopo, ancora monetine lanciate contro il potere: solo che parte di quella destra che ieri si batteva per la legalità, oggi è l’obiettivo di quei lanci. Amarezza?
Credo che i lanci di monetine non servano a nessuno, non sono un buon segnale per la democrazia. Quindi lasciamo lo scontro all’interno delle aule del Parlamento, e possibilmente risparmiamone uno al Paese.

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