Dal Futurista del 29/03/11
Che Paese è quello che la cui politica non vede di buon occhio l’approfondimento politico? E lo teme, lo schiva, ne intralcia spesso modi e tempi, o pretende di dettarne regole anche basilari? Utilizzare un leggina per le prossime elezioni amministrative, ma per estenderla in seguito anche su scala nazionale. Talk show: riecco la museruola informativa per le trasmissioni di approfondimento, che un emendamento di Pdl e Lega in commissione vigilanza vorrebbe nelle intenzioni parificare alle tribune politiche, in vista delle prossime elezioni del 15 e 16 maggio.
Ma di fatto andando contro una precisa pronuncia del Tar, che lo scorso anno aveva stabilito che i programmi di informazione non potessero essere equiparati alle tribune elettorali. Quando un regolamento discutibile aveva di fatto portato alla chiusura coatta dei talk show di informazione politica. Il solito pasticcio all’italiana, con il marchio non solo della maggioranza di governo ma anche di quei Responsabili (o “disponibili” come accidentalmente li chiama qualcuno) che avallano scelte discutibili. E miopi. Da vecchio Pcus sovietico, altro che moderati e liberali.
Quale dunque l’intenzione? A questo punto lo dicano chiaramente, senza blitz improvvisati o emendamenti pirata; dicano che non gradiscono la stampa televisiva, i dibattiti, le provocazioni, le inchieste, i sondaggi (quelli veri), o le analisi. O le iperbole, o le interviste scomode. Lo dicano apertamente, e non nascondano i timori per chi solleva veli e parla o discute, come volontà di parificare condizioni. Scomodando anche quella locuzione latina, par condicio, spesso mortificata con la goffa aggiunta di lettere che ne fanno, vocalmente, un obbrobrio. Proprio come certa politica.
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