Da Ffwebmagazine del 14/01/11
«Oggi la Consulta ha stabilito la superiorità dell’ordine giudiziario rispetto a quello democratico». C’è qualcosa di nuovo sotto il sole: Sandro Bondi si fa ventriloquo del premier, e semplicemente riferisce ciò che Berlusconi non dice. In una sorta di rappresentazione plastica del pensiero altrui, sembra un toro che sta per essere matato, spalanca gli occhi, si agita, si contorce. Irride la sentenza della Corte Costituzionale che poche ore prima il Capo dello Stato aveva definito «equilibrata, ponderata e seria», che per come è maturata la pone la Consulta al riparo dalle solite accuse di “faziosità”. E allora il conflitto tra poteri dello Stato viene riacceso dal ministro della Cultura, che accusa: è stata rimessa «nelle mani di un magistrato la decisione ultima in merito all’esercizio della responsabilità politica e istituzionale. Siamo di fronte al rovesciamento dei cardini non solo della nostra Costituzione, ma dei principi fondamentali di ogni ordine democratico».
Parole pesanti, che invece il premier, intervenuto telefonicamente a una trasmissione sulle sue reti tv, evita di pronunciare, pur proseguendo nel ritornello di sempre: la tenacia ideologica dei giudici di sinistra, il record assoluto della storia dell’uomo per quanto concerne processi e indagini, un fumus persecutionis che dura dalla sua discesa in campo, nessuna conseguenza per l’esecutivo, un allargamento a breve della maggioranza grazie ai gruppi di responsabilità nazionale, il no a elezioni anticipate (anche se Bossi le prospetta un giorno sì e l’altro no) di cui il paese non ha bisogno. Senza far mancare una frase che strappa un sorriso: «Il legittimo impedimento? Non l’ho chiesto io, ma alcuni parlamentari del Pdl».
A dimostrazione della volontà precisa di raccontare un’altra storia. «Non mi aspettavo nulla di diverso», dice Berlusconi commentando la sentenza della Consulta, essa «non ha demolito l’impianto originale della legge, in quanto saranno i giudici di volta in volta a stabilire la validità dell’impedimento. Ciò sospende il calcolo dei tempi della prescrizione, quindi nulla di traumatico», né tantomeno «nulla di così favorevole». Entrando nel merito tecnico della pronuncia, riflette sul fatto che «la sentenza ha migliorato la situazione precedente, non sarà così facile per i miei difensori ottenere un atteggiamento favorevole dei magistrati di sinistra», sancendo l’avvio dell’ennesima rivendicazione contro il potere giudiziario. Lo stesso che «mi perseguita dal 1994 anno della discesa in campo, con 100 indagini, 28 processi (record assoluto della storia dell’uomo) e 2600 udienze, quindi una al giorno compresi i fine settimana quando invece i magistrati non lavorano».
E il premier non rinuncia, ancora una volta, a dipingere un mondo (la magistratura) che fantastica reati e inventa procedimenti a suo carico. Quindi elenca i successi che ha registrato in tribunale: «Ho ottenuto 10 assoluzioni, 13 archiviazioni, spendendo 300 milioni in difesa. Mi ha salvato la prescrizione? Vuol dire che le tesi dell’accusa non erano poi così forti se è trascorso il tempo previsto dalla legge». Elenca le assoluzioni perché il fatto non sussiste, ma “dimentica” quelle perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
E ora che succederà, gli viene chiesto da un Maurizio Belpietro stranamente fiacco e molto conciliante nelle domande? I processi ancora in corso «sono ridicoli e inventati. Fatti che non esistono, lo giuro sulla testa dei miei figli e nipoti. Se nei collegi vi saranno solo giudici di sinistra, sarò costretto ad andare in televisione a spiegare questi fatti, che sono certi e inoppugnabili».
Una doppia strategia comunicativa, quindi, che punta a far passare due messaggi, distinti ma paralleli. Lontani i tempi in cui Berlusconi accusava direttamente le istituzioni, o le tacciava palesemente di essere antidemocratiche. Oggi è stata inaugurata un’altra linea, dove il Premier si limita alle solite teorie sulla persecuzione ideologica comunista, lasciando al ventriloquo Bondi il compito di “sporcarsi le mani” con la dura accusatio rivolta alla Consulta di aver sovvertito non solo la Costituzione ma anche l’ordine democratico del paese. Ma che, nella sostanza, non muta il problema: figure istituzionali che dovrebbero osservare ben altra condotta…
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