sabato 1 gennaio 2011

La sfida della politica moderna?Trovare la bussola


Da Ffwebmagazine del 28/12/10

Chi l’ha detto che certi valori, siano solo a sinistra? O alcune sensibilità, o determinate percezioni di una società sempre più post moderna, la cui maggiore deficienza strutturale sta tutta in un’idea politica vecchia e stantìa? Oltre che in molti interpreti. Cosa impedisce a una destra matura, a un altro polo, a un contenitore che potremmo chiamare anche Topolino, di incarnare solidarietà, giustizia sociale, sviluppo industriale meritocratico, lettura moderna di esigenze democratiche - e sociali - primarie? Un’accurata analisi apparsa sulle pagine di Repubblica si incentra su un cumulo di bagagli valoriali che ruotano attorno alla parola sinistra. E supportata da illustri pareri di filosofi, sociologi, politologi. Lecito, però, chiedersi: perché allora non capovolgere la visuale? Perché non alzare lo sguardo e proporre coraggiosamente che sia dunque la destra, o anche un’altra latitudine, a incamerare un patrimonio sociale che non può essere di un unico interprete? Semplicemente perché è proprio questo il tanto declamato bene comune, la futura geografia socio-culturale di ogni Paese. Come può una classe dirigente europea e moderna lasciare a un solo termine, per quanto nobile e storicamente valido, il tutoraggio di problematiche strategiche?

Come la previdenza, la giustizia sociale, l’uguaglianza, la libertà intesa come plus, i sogni e le aspettative, il desiderio di partecipazione di un popolo, la voglia giovanile di rimettere in discussione un tessuto ormai necrofilo.Marc Lazar ha, non da oggi, correttamente diagnosticato che la criticità della sinistra è stata nel voler ostinarsi a guardare il mondo, assieme alle molteplici evoluzioni che ha registrato nell’ultimo ventennio, attraverso lenti del passato. Senza la capacità di gestire opportunità straordinarie come la globalizzazione, dimostrando una volta di più di aver smarrito la ricchezza vera della socialdemocrazia, ovvero l’intuizione di adattarsi alle evoluzioni della società. Detto questo, è sì utile tornare a quell’assunto di Bobbio, secondo cui «il valore dell’uguaglianza traccia la linea di separazione della sinistra dalla destra», ma cassando gli attori presenti sulla scena. Perché oggi non vi è destra, o centro, o sinistra, o sotto o sopra che possa permettersi di ignorare le pulsioni sociali di cittadini in difficoltà, di cassintegrati sfiduciati, di laureati che si apprestano spesso a intraprendere la carriera di “dottori” disoccupati, di ricercatori che non hanno gli strumenti tecnici per scoprire e innovare, di professionisti vessati da aliquote impegnative, di piccole e medie imprese costrette a licenziare, di grandi imprese senza commesse, di insegnanti demotivati. Insomma, di mille diagonali sociali in cerca di una bussola.

E che una politica, di qualsiasi colore la si voglia etichettare, ha l’obbligo morale di valutare e sostenere. Nel 2008 la terza guerra mondiale ha preso il nome di crisi economica. E ostinarsi a non rilevarne le conseguenze presenti, come schegge, in tutti i campi, equivale a una dichiarazione di resa. È come voler ridurre la sfida della rivoluzione scolastica e universitaria a una sistemazione di competenze o alla spedizione di circolari ministeriali. Che, da sole, non risolvono i problemi, anzi, li raddoppiano. Oggi alcune forme giuridiche di uguaglianza, come osservato da Carlo Galli, risultano minacciate da insicurezza e paura, dove la democrazia è fragile, perché sostituita dal populismo. Ha ragione il sociologo inglese Anthony Giddens, teorico della terza via concretizzata da Tony Blair, quando dice che nell’agone politico attuale una divisione netta fra sinistra e destra è meno evidente che in passato. «Per di più alcuni dei maggiori problemi che ci troviamo ad affrontare, come il cambiamento climatico, al centro di molti dibattiti neocontemporanei, trascendono la divisione classica tra sinistra e destra». Ecco la chiave di volta per interpretare il futuro, ecco una logica e ragionevole analisi di ciò che il domani, anzi l’oggi, sta drammaticamente chiedendo.

E a cui in pochi si sforzano di offrire una risposta che sia lontana anni luce da populismi e demagogia.La sfida di una destra moderna - ma, a questo punto, di chiunque agirà responsabilmente e con coscienza - sta nella capacità di criticare il presente, urlandone esplicitamente le contraddizioni, le sperequazioni, le incongruenze che, palesi, affiorano a tutte le latitudini. E non a causa di qualcun altro, o della sfortuna, o della congiuntura sfavorevole, o della concomitanza con altri eventi, o della congiura invocata da qualche foglietto di partito. Ma di chi ancora oggi, dopo fiumi di inchiostro speso da sociologi, economisti, storici, e capi di Stato, ignora la portata epocale di una rivoluzione del welfare da declinare in senso politico. E con la P maiuscola.

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