martedì 11 gennaio 2011

E la vecchia politica ha casa a Gemonio


Da Ffwebmagazine del 11/01/11

C’era una volta la vecchia politica, del teatrino di teatranti, o dei «maneggioni della vecchia politica» (copyright Silvio Berlusconi), che faceva male al Paese. Perché legata a microricatti e giochetti di palazzo, a improvvise inversioni e repentini cambiamenti, anche di modalità di azione. Basata sugli umori, o solo sulle contingenze. Ce n’è stata poi un’altra, che si dichiarava del fare e lontana anni luce dai calcoli del passato. Che si diceva del realizzare, del lavorare, dell’andare avanti.

Quando Umberto Bossi, ai giornalisti che gli chiedevano come mai cambiasse opinione sul voto un giorno sì e l’altro pure, ha detto «non si vota a marzo? Con questo sole, direi di no», dimostra di appartenere proprio a quella vecchia politica condannata dal suo stesso Premier. Perché figlia dell’improvvisazione, della mancanza di un progetto politico serio, come quando ha aggiunto che «in certi giorni c’è il sole e in certi altri meno. La politica è lo stesso. È fatta da persone».
No, non siamo d’accordo. La politica non è come il meteo, non vive e si comporta a seconda del tempo che fa, se piove, fa freddo, nevica o fa scirocco. La politica, quella vera, quella alta e ragionata, quella che denuncia i reati alla magistratura, quella che riflette sul futuro del Paese e non di un solo pezzetto di nazione, quella che ascolta e parla con i cittadini di tutte le età e di tutte le provenienze, quella che provvede alla ripresa del tessuto produttivo, quella che indaga sulle vittime dell’uranio impoverito, quella che lavora perché tutti paghino le tasse, quella che sa leggere fra le righe degli eventi, quella che investe nella cultura, quella che non fa mancare la benzina nelle auto dei poliziotti, quella che si chiede come mai le tariffe assicurative continuano schizzare alle stelle, quella che non insulta i giudici, quella insomma che governa una Nazione, non la si fa con un sigaro in bocca e scrutando l’orizzonte alla fantasiosa ricerca di cirri o folate di maestrale. Per comportarsi gattopardescamente di conseguenza.

Ma la si struttura responsabilmente e con rispetto, facendo le cose che si dice di voler fare (sempre se si è in grado di farle). Costi quel che costi. E ciò include tutte le riforme strutturali che necessitano all’Italia, come gli sgravi fiscali alle imprese, o gli interventi per le famiglie numerose, o iniziative per avviare finalmente l’industria dell’energia pulita, o l’alta velocità in tutte le regioni, o il rifacimento della Salerno-Reggio Calabria, o la chiusura di aeroporti inutili e dispendiosi, o l’eliminazione delle province, o delle auto blu finanche per i consiglieri comunali della Capitale. E non solo il pur interessante federalismo. Perché pare, invece, che tutt’un tratto proprio il provvedimento tanto caro alla Lega, sia improvvisamente diventato il motore trainante per avviarsi felicemente alla futura prosperità, l’uovo di Colombo per uscire dall’empasse. «La Lega Nord lo vuole subito, altrimenti si vota», ha detto il ministro Calderoli. Che, anziché semplificare, minaccia.

Per carità, il federalismo, se solidale, resta un’idea sulla quale lavorare trasversalmente per eliminare sprechi e ridistribuire le tasse. Ma farla passare per l’unica e sola ragione utile per non andare alle urne, sembra appunto una motivazione da vecchia politica. Che non ha poi così tanto da dire.
E allora l’uscita di Bossi altro non è che la spia della non-politica: non è con l’improvvisazione giornaliera o con battutacce buone per qualche manifestazione a base di ampolle e riti improbabili che si confezionerà una strategia di lungo respiro. Eccoli i vecchi giochetti da vecchia politica di cui qualcuno in passato si è lamentato, altro che finiani o traditori. Il retaggio pachidermico e burocratico del cambiare per non cambiare nulla, abita a Gemonio.

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