"Potete ingannare tutti per un po', potete ingannare qualcuno per sempre, ma non potrete ingannare tutti per sempre". (A. Lincoln)
domenica 9 gennaio 2011
Le forze armate più avanti della politica?
Da Ffwebmagazine del 05/01/11
Kosmos, mondo, universo. Ma anche altro, altri e ancora finestre su ciò che accade a longitudini e latitudini lontane, senza preclusioni per posizioni ed opinioni. Un approfondimento costante e sotto traccia, in collaborazione con L’interprete internazionale, per slacciare quel cordone ombelicale che troppo spesso lega l’informazione alla contingenza locale, impedendole di mettere il naso fuori dalla propria visione. (Per segnalazioni e commenti inviare una mail all’indirizzo: francesco.depalo@libero.it).
Le forze armate più avanti della politica nella comunicazione? Non è un paradosso o una boutade, ma ciò che piacevolmente si scopre sfogliando una primizia assoluta per il panorama italiano. Nel saggio Due pacifisti e un generale scritto a quattro mani da Ritanna Armeni ed Emanuele Giordana, il capo di Stato Maggiore Vincenzo Camporini si apre in un colloquio franco ed approfondito, tracciando la nuova rotta del militare moderno, non più guerriero ruvido ma evoluto in quella figura che prende il nome di soldato di pace. All’indomani del crollo del muro di Berlino infatti è venuta meno la prerogativa di salvaguardare il territorio patrio, ed al contempo si sono implementate altre emergenze fuori dai confini nazionali.
All’interno del Paese è stata quindi incentivata una radicale opera di maturazione dell’approccio alle forze armate. Non solo occasione di conoscere il mondo, di difendere la propria Nazione, ma anche di salvaguardare la pace.
Il libro rappresenta una novità assoluta in quanto in Italia i generali non sono avvezzi a conversare in maniera così informale di operazioni ed abitudini, a conoscere e a far conoscere un mondo criptato. Si tratta di un elemento che Ritanna Armeni, dai microfoni de La Settimana Internazionale, definisce assolutamente “rilevante per l’immaginario collettivo italiano”. In quanto attualmente i cittadini dispongono di un panorama che viene loro dalla politica, dove si identifica l’intero comparto delle forze armate “solo con il volto del Ministro della Difesa”. Qui dunque serve fare un passo in più, lasciando spazio ai protagonisti veri di un mondo reale, a chi pianifica strategie, a chi soccorre popolazioni in affanno, in un lavoro sotterraneo che ha anche un costo specifico,come le cronache recenti e non, purtroppo raccontano. Accade anche, altra sostanziale novità, che mentre per un cittadino è il governo a decidere le sorti di una missione, magari confuso da notizie apprese velocemente, per un militare è ben chiaro che è solo il Parlamento ad autorizzarla. Ecco che il saggio non ha fatto altro che rispondere ad un’esigenza di dialogo che proveniva dall’interno delle forze armate, e ad un’esigenza di conoscenza non solo di chi quelle informazioni ha veicolato, ma anche dei semplici cittadini.
Ma come cambia il ruolo dei militari moderni, impegnati in contesti nuovi, assolutamente particolari, con specificità sino a ieri quasi sottaciute? L’immagine plastica osservata da Giordana in Afghanistan, di un militare che scende dall’aereo che lo trasportava, assieme al suo zaino pieno di libri sull’Afghanistan, la dice lunga sulla tipologia di evoluzione socio-culturale di questi ragazzi. Che non leggono per trascorrere il tempo o per ottenere una semplice infarinatura su dove opereranno, ma piuttosto un segnale che dice ben altro. Ovvero la spia dell’esigenza di analisi approfondita, che sia rivelatrice delle peculiarità storiche del luogo, delle evoluzioni politiche e sociali di un tessuto-Paese, delle possibili conseguenze di un intervento che si armonizzi con i problemi reali. E per sostenerli in quel più ampio processo che ha portato a trasformare concetti tradizionali come guerra, pace, gerarchie, ordini, azioni.
L’imperativo, oggi, è garantire condizioni di sicurezza, in una sorta di diario di bordo dove non mancano comunque i rilievi scomodi e a cui il Generale Camporini non si è sottratto. Come la riflessione sul fatto che modificando il titolo degli attori protagonisti, da militari a soldati di pace, sia mutato anche lo scenario in cui agiscono. Su cui sarebbe interessante aprire un dibattito sano e scevro da pregiudizi, quegli stessi pregiudizi che due pacifisti come la Armeni e Giordana hanno messo da parte conversando con il Capo di Stato Maggiore. Anch’egli impegnato in uno sforzo di parificazione di linguaggio, vero punto di forza del saggio. Dove estremi e mondi che sino a ieri non comunicavano, improvvisamente hanno sentito il bisogno di parlarsi, dopo essersi scrutati per anni magari in cagnesco. Dopo incomprensioni, delusioni, ingerenze. Ma che oggi, in virtù di quel grande tesoro che prende il nome di dialogo, hanno deciso di aprire bocche ed orecchie (e anche taccuini) per farsi conoscere. Senza timori reverenziali, senza paura di non piacersi, ma con la consapevolezza che è solo scambiandosi conoscenze ed informazioni che, alla fine, ognuno potrà compiere al meglio il proprio dovere.
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