lunedì 24 gennaio 2011

La svolta di Veltroni: cambiare, non difendere


Da Ffwebmagazine del 22/01/11

“Berlusconi per una volta pensi all’Italia, si dimetta. E via ad un governo con tutte le forze”. E’solo uno dei messaggi lanciati da Walter Veltroni al Lingotto di Torino, in un discorso che ha detto anche dell’altro, dipingendo gli scenari sui quali una politica responsabile e veritiera dovrà muoversi. A partire dal racconto del reale lontano anni luce “dagli incubi e dalle favole”, una politica che dismetta gli abiti della fantasia, delle promesse, dell’illegalità, della congruenza con comportamenti scorretti.

Che abbandoni la singolare solitudine dell’unicum, per concentrarsi sull’orchestra, plastica metafora di una società diversa, dove ognuno dovrà recitare un ruolo, sforzarsi di fare la propria parte per migliorare le condizioni in cui si vive la collettività. E per incarnare il cambiamento, o meglio quella che Veltroni ha definito “la rivoluzione democratica” per il cambiamento. E attuarla compiendo una vera e propria inversione di tendenza, toccando temi concreti e lavorando molto sull’immaginario che la politica, quella con la P maiuscola, è chiamata responsabilmente a ricreare.

Sulla crisi dell’attuale maggioranza dice che “peggio sarebbe solo la livida prosecuzione dell’attuale esecutivo” , quindi se Berlusconi, colto da inatteso interesse per il bene dell’Italia dovesse fare un passo indietro, o ci sia “un Premier diverso che restituisca serenità, o un Governo di unità nazionale, che fronteggi le emergenze, anche per completare l’iter del federalismo”. Per arrivare ad un appello: non si ripetano gli errori del 1994, esorta l’ex sindaco di Roma, dove una serie di svarioni “spianarono la strada a Berlusconi”. Il nuovo ciclo necessita di condizioni, di vero bipolarismo, e “non di un confronto-scontro tra berlusconismo e antiberlusconismo”. Non si può tornare indietro alla frammentazione della prima repubblica, con 53 esecutivi che fecero lievitare il debito pubblico italiano. E una volta finita l’emergenza e superato il bipolarismo degli ultimi 15 anni, “entrare in Europa finalmente con una sinistra riformista ed un centrodestra liberale e moderato”. Invita anche, e soprattutto, a dotarsi di strumenti nuovi, distanti dalle “ideologie del ‘900, o dal populismo di sinistra per combattere quello di Berlusconi”. Esso, invece, va affrontato con le armi del riformismo, che sia “coraggio dell’innovazione, voglia di chiarezza”, per cambiare e non per difendere.

Sul lavoro: la manovra finanziaria vada di pari passo con le condizioni sociali, quindi pollice in su per l’accordo Fiat che consentirà di non interrompere la produzione grazie al canale americano aperto con Chrysler, ma “anche il contratto di Marchionne sia legato ai risultati”, per non creare lavoratori “di serie B, C o D”. L’Italia inoltre è il Paese dove solo un decimo della popolazione ha in mano la stragrande maggioranza della ricchezza, quindi dal momento che le condizioni socio-economiche accusano momenti di elevata criticità, “questi ricchi sostengano il peso del proprio benessere a vantaggio dei più deboli, e non perché il Pd sia contro la ricchezza, ma perché è contro la povertà”.

Sul fisco: non solo lavoratori dipendenti ed autonomi, ma immaginare due nuovi soggetti che esistono da tempo, il popolo delle partite Iva, con cui confrontarsi costruttivamente e le famiglie, per le quali invita a riprendere la proposta avanzata dal Forum delle famiglie, ovvero la no tax area. Magari progettando per l’Italia “un’agenda 2020”, parafrasando quella adottata dalla Germania per uscire dall’empasse.

Sulla cultura: “Qualcuno dice che con essa non si mangia? La cultura invece si respira- ammonisce- e fa stare meglio”. Razionalizzare la spesa è utile, non tagliare indiscriminatamente sul sapere, sui beni archeologici e culturali, su un patrimonio che potrebbe rappresentare proprio l’occasione per fare utili, in quanto è proprio con la bellezza che "si può fare ricchezza”.
Sulla società: deve ridiventare “comunità politico sociale”, lontano da quell’individualismo che, oggi, non è la veste più idonea al momento storico attuale. Costruire quindi identità di cittadini che siano “orchestra” di un progetto globale. Fa riferimento, quindi, all’impossibilità di sostenere esigenze ed opere solo con contributi pubblici, esaltando il ruolo delle Pmi, dei privati che intervengono in partnership. Ma un società, per quanto forte e responsabile, non può essere tale senza diritti. Per gli immigrati “che lavorano e pagano le tasse, per i quali è utile un percorso di legittimazione sociale a partire dal diritto di voto alle elezioni amministrative”; per i più svantaggiati con interventi di welfare mirato; per gli imprenditori vessati dal pizzo. E cita il giudice Caponnetto, come pungolo alla reazione nei confronti delle criminalità; don Ciotti, in un atteggiamento sempre duro dello Stato nei confronti dei beni delle mafie.

Sulle opposizioni: non siano in perenne conflitto, ma pronte al cambiamento ed alla condivisione. “Vendola? Da non guardare con sospetto”, anche se su posizioni differenti. E il tutto “per rafforzare la proposta democratica del Pd”, solo allora le alleanze “verranno da sé” e lontano “dagli ismi che tutto giustificano e che assolvono senza distinzioni”. Per dare inclinazione a quel riformismo utile in chiave futura, quando il paese avrà una coalizione di centrodestra moderata ed europea, ed una riformista democratica su cui far rinascere una “politica che combatta finalmente per la realtà”.

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