Da Ffwebmagazine del 23/01/11
Il fatto che si discuta animatamente sulla mescolanza tra vita privata e vita pubblica del premier, in un ircocervo di ruoli e modalità di attuazione degli stessi, ma senza la giusta cognizione, merita davvero alcune precisazioni. Contrariamente, si continuerebbe a spargere sabbia in faccia a tutti, non solo agli addetti ai lavori ma soprattutto ai cittadini che si interrogano. Il paese è nuovamente bloccato, per via delle note e degradanti vicende di cronaca di questi giorni, con ipotesi di reato connesse. Il che rappresenta un fatto senza dubbio grave che però dovrebbe far riflettere, questa volta sì responsabilmente, chi governa.
Perché se è vero che c’è stata una violazione della sfera privata, con la conseguente indignazione di chi l’ha subìta, è altrettanto vero che questo non può costituire un ulteriore alibi per un governo che non governa. Si difenda in Tribunale il Presidente del Consiglio, e anche in fretta, ma poi torni a governare, dal momento che l’Italia non può certamente concedersi il lusso di altro immobilismo, deleterio e profondamente rischioso. Per il tessuto produttivo, per le imprese, per i lavoratori, per i cittadini tutti. Significherebbe procrastinare ulteriormente decisioni e valutazioni, far slittare proposte, evitare ancora una volta importanti scelte, che nessun altro paese democratico rinvia in tale modo.
Il caso italiano sta fecondando conflitti istituzionali macroscopici, con risentimenti da parte dei magistrati, delle forze di Polizia, della stampa estera. Poche sere fa intervenendo dagli Stati Uniti ad Annozero, Vittorio Zucconi ha detto che nella mentalità americana c’è una domanda che oltreoceano ci si pone con frequenza: ma perché gli italiani non reagiscono?
Puntando ancora una volta su quell’immobilismo che fa male, a tutti, perché fa più danni di scelte approssimative. Perché quella conservazione colposa dello status quo, questa condotta che temporeggia ignorando le emergenze italiane, dimostra nelle migliori delle ipotesi un mancato attaccamento al paese, un egoismo smisurato che mortifica il dovere che una carica così elevata impone a chi la impersona.
Ecco dove porta quella confusione di ruoli, pubblici e privati, che sono al centro del dibattito. Se Berlusconi è in grado di discernere seriamente le due vesti, prego si accomodi. Ma il coinvolgimento delle due sfere in un calderone pasticciato rischia, come sta facendo, di bloccare ancora una volta il paese. Come scrive Sergio Romano sul Corriere di oggi, il paese “viene prima” di tutto. E il Premier finge di ignorare che egli non è una persona qualunque, come le altre: ma riveste una carica, rappresenta l’istituzione, incarna il volto di una Nazione. Che non può attendere che abbia voglia o meno di presentarsi dinanzi ai giudici.
Senza dimenticare un’altra mescolanza che sa di confusione questa volta dolosa: la trasformazione dell’accusato in accusatore, di chi deve rispondere in chi fa domande. Altro corto circuito del quale non si sente il bisogno. Chi è accusato ha diritto a difendersi nelle sedi competenti, ma anche dinanzi a chi lo ha eletto e a chi non lo ha eletto, dal momento che rappresenta in questo mandato tutti gli italiani. Voler però trasferire il collegio difensivo nelle piazze, nei gazebo, nei salotti televisivi, contribuisce ulteriormente a far pagare il prezzo più alto alla comunità, che sarà privata delle scelte politiche che un governo ha l’obbligo di attuare. Il fondo di Romano conclude chiedendosi: Berlusconi «vuole davvero dimostrare che la sua vita personale è soltanto un affare privato? Lo dimostri facendo a tempo pieno il suo mestiere di uomo pubblico». E si impegni a governare, se può, nell’interesse di tutti...
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